FINCHERIANA 5

La superficie “profonda” del cinema si chiude.

“La parvenza, con il suo luccichio, rappresenta un potere reale, alla cui luce artificiale la realtà sparisce.
Resta una superficie scintillante.
Si dovrebbero vedere i film […] solo in copie di nitrato.
Esse hanno bisogno dell’argento.”

Pag 126, Frieda Grafe, Luce Negli occhi colori nella mente Scritti sul cinema 1961-2000, Cineteca di Bologna/Edizioni le Mani, 2002.

Superficie come 500 milioni di facce su un monitor:
The Social Network

Che la pellicola scritta da Aaron Sorkin (West Wing –serie tv-, Il Presidente una storia d’amore, La guerra di Charlie Wilson) tratta dal romanzo Miliardari per caso – L’invenzione di Facebook: Una storia di soldi, sesso, genio e tradimento di Ben Mezrich, sia la quintessenza del cinema “superficiale” di Fincher, la sua regia sugli attori e la fotografia stanno ancora una volta a dimostrarlo.
Jesse Eisemberg, che interpreta Mark Zuckerberg inventore insieme a Eduardo Saverin (Andrew Garfield) dell’idea di Facebook, è una faccia perennemente e divinamente imbrociata e scurita, dove (apparentemente) non filtrano e non traspaiono emozioni.
Superficie riflettente razionale di luci al neon.
Ambienti trasudanti luci arancioni fortissime e calde nei famigliari ambienti dell’università di Harvard, anni di grandi speranze; luci fredde, grigie e “inumane” quando siamo catapultati in tribunale, nel bel mezzo della causa plurimiliardaria in uffici con vetrate enormi ed asettici.
Le luci seguono l’andamento e la “formazione” di questi miliardari ed esseri umani viventi per caso.
Superficialità.
Come le facce che si uniscono agli “amici” della epocale invenzione, di secondo in secondo sempre di più, sempre di più, numerosi come un fiume, un oceano.
Un oceano di anonime facce superficiali sulla superficie di un monitor possono dire di più che facce “vere” che si vedono scontrandosi con la folla cittadina tutte le mattine.
Quelle facce appiattite sullo schermo del computer sono la quintessenza del cinema, del vedere cose evocate, ma che nella fattualità concreta delle cose, non esistono.
Solo evocate, non “esistenti”.
“Non ti fai cinquecento milioni di amici senza farti qualche nemico” recita il (reale) titolo in primo piano coprente la superficie della faccia enorme di Eisemberg, che ci siamo potuti vedere nelle locandine delle sale di tutto il mondo.
Superficialità nella vera essenza della parola: immagini di facce da tutto il mondo senza conoscerne minimamente i proprietari, ecco l’essenza del film.
Anche i protagonisti stessi della pellicola non si capiscono pur interagendo “corpo a corpo”, pur essendo amici dall’università, gli stessi Fincher e Sorkin avevano due concezioni diverse dei personaggi:

“Persino io e Aaron (Sorkin) abbiamo visioni opposte della cosa. Per esempio, lui è convinto che alla fine del film Zuckerberg provi rimorso per quel che ha fatto. Io non ne sono convinto.” 1

Superfici che riflettono soprattutto il dubbio.
Milioni di facce che pur guardandosi non si vedono.
Un film come non mai intangibile, un capolavoro di descrizioni di superfici emotive, storiche e culturali, la tesi finale del cinema di Fincher.
La superficie “profonda” del cinema Fincheriano (per ora) sembra chiusa.

 Mattia Carzaniga, ‘Sesto potere, I geek che hanno cambiato il mondo, Il regista:David Fincher Nessuna Verità?’ in Best Movie n°11, novembre 2010 (anno IX), Editoriale Duemme Milano, pag 51.

Davide Tarò.

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