BORIS IL FILM

IL “RINASCIMIENTO” CINEMATOGRAFICO ITALIANO 1
Regia: Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo, Cast: Francesco Pannofino, Carolina Crescentini, Pietro Sermonti, Antonio Catania, Alessandro Tiberi, Caterina Guzzanti.
Sociale! Politico! Critico!
E’ uscito come un grosso pesce d’aprile cinematografico in Italia piuttosto che come Lo Squalo.
Ed ha fatto breccia.
“L’unica cosa seria in Italia è la ristorazione” cantano Elio e Le storie Tese e scrivono con acume gli sceneggiatori di Boris.
Vendruscolo da solo nella prima stagione, poi con Ciarrapico e Torre, ed ora anche con Davide Marengo.
E hanno ragione.

Oltre che meteoropatici gli incassi stagionali dei cinema italiani sono pure “agrituropatici”, prima una bella magnata e bevuta, e poi chissenefrega di libri, film, passioni, doveri, cultura, società, curiosità, indignazione ecc ecc.
Dopo ‘Gli occhi del cuore’ sigla di apertura della serie “fuori serie” italiana, tratta da un brano dell’album Studentessi (Effetto memoria) e scritto con piglio Borgesiano da Claudio Baglioni, tocca a questa “Pensiero stupesce” narrare e dire con serena maestria tutto quello che sentiremo e vedremo nella pellicola.
Pellicola assolutamente fuori serie per l’Italia, la geniale, goliardica e surreale la battuta buttata lì sul Vaticano: “Ma se ogni tot di anni la sede del Vaticano cambiasse? Non si potrebbe elargire anche ad altre nazioni tutti i vantaggi che ci ha dato la Santa Sede? E tra dodicimila anni ne riparliamo, si rinizia il turno, ben inteso!” basterebbe a sciogliere in paura tremebonda e servile la maggior parte degli sceneggiatori italiani.

Non è un caso che questo Boris al cinema inizi con una bella e lunga sequenza di stampo western-spaghetti che dai tempi di Sergio Leone non si faceva più.
La storia NON E’ una puntata gonfiata del pur bellissimo serial di cui esistono tre serie e che CIELO (free sul Dtt, canale 26) ha iniziato a replicare da lunedì 18 aprile alle 19:40, ma è una opera a sé per cui non è necessaria l’affiliazione per capirne ed assaporarne i contenuti e le risate (amare).
Gli sceneggiatori ed autori dell’originale idea hanno scritto e progettato situazioni ed un plot tutto nuovo che si addice e calza a pennello con la nuova forma ora disponibile, Boris è davvero un piccolo pesce in una vasca (va schettina italiana) piena di squali più grandi di lui che lo mangeranno in un sol boccone come incassi (Boris è un cult infragenerazionale come Romanzo Criminale ma non è mai stato trasmesso né da Mediaset né da Rai, ed è questa la sua vera fregatura).
A due settimane dall’uscita veleggia in quinta posizione, speriamo possa trovare un suo pubblico.
La riduzione della ‘Casta’ romanzo di denuncia shock di Stella e Rizzo a prodotto cinematografico (cosa che in altri paesi ben più industrializzati del nostro si sarebbe fatta eccome) qui diventa quasi opera di fantascienza…

E quando la cosa diventa possibile, il progetto originale viene fatto diventare una specie di cinepanettone tutto italiano (che agli italiani piace tanto tanto tanto…)
Boris, soprattutto il film, è il nostro sistema italiano attuale, non rappresenta né descrive ma piuttosto E’, INCARNA questo dna.
Dà da pensare che alcuni attori/volti rivelazione e “nuovi” di questi anni arrivino già dallo spettacolo, prendo come esempio il bravo attore che impersona l’Alessandro stagista, involontaria icona generazionale:
“Forse non lo sapete, ma se siete nella fascia dei trenta-e-qualcosa Alessandro Tiberi è stato una parte importante della vostra adolescenza. Ha infatti dato la voce ad alcuni programmi di culto degli anni ’80 come il cartoon Lamù in cui presta le corde vocali allo sfigatissimo Ataru Moroboshi e il telefilm Genitori in Blue Jeans, ed è stato anche l’alter ego del topolino Fievel in Fievel sbarca in America. 1

E’ spettacolare, tragicomico e qualcos’altro in più vedere il ralenty che il regista Renè Ferretti è obbligato a fare sulla fiction dedicata alla giovinezza del papa Ratzinger, con un impagabile Pietro Sermonti che corre tra i fiori facendo le capriole! (allo spettatore medio dà un senso di gioia…)
RAI MOVIE cerca di (in parte riuscendoci) ovviare all’assenza storica (Boris è stato prodotto dal concorrente SKY del privatissimo Murdoch) delle sue produzioni, si allea con Cattlleya (Romanzo Criminale la serie, Non Pensarci la serie) e dona al film un respiro (anche pubblicitario) più ampio.
Ora starà ai visionanti premiare questo meraviglioso rischio.
Non ne usciremo mai, sembra voler dire la troupe di Boris, alcuni riuscendo faticosamente con i risparmi ad aprire un agriturismo (tanto, appunto, soltanto la ristorazione è una cosa seria…).
La cultura e lo spettacolo?

Robe da tagliare impunemente, tanto non ci si può fare un panino, per mantenerla sulla metafora alimentare tanto cara ad una certa casta parlamentare tutta italiana.
Beh,ancora meno con molte leggi che vengono emanate in questo periodo tristemente storico con goliardico coraggio, però quelle non vengono tagliate anzi…
Boris il film ci rappresenta più di quanto vogliamo o ci sforziamo di non essere, il grande Cinema fa anche questo, smettiamola di cercarlo dalle parti di Antonioni o di Fellini, non ce li meritiamo più, almeno fino a quando non ci si sveglierà una buona parte di noi.
O anche no.
“Dopo la TV c’è il cinema, dopo il cinema la radio e poi la morte” dirà un disperato delegato di rete Lopez prima di essere retrocesso al settore cinema con annessi occhialini (non voglio vestirmi da intellettuale di sinistra!!!).
Comunque la si voglia mettere questo film “è un po’ troppo italiano”…

1 Giorgio Viaro, Alessandro Tiberi Ho portato 7000 caffè, pag 32 in Best Movie Aprile 2011, anno X, Editoriale Duesse Spa, Milano.
Davide Tarò.

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