Vertigine
“Laura”, USA 1944, Noir, Regia: Otto Preminger, Sceneggiatura: Jay Dratler, Samuel Hoffenstein, Elizabeth Reinhardt, b/n , durata: 85 (88) minuti. Interpreti: Gene Thierney, Dana Andrews, Clifton Wenn, Vincent Price.
Capolavoro assoluto del noir americano anni ’40, pregno dei tòpoi e degli elementi caratteristici del genere cinematografico nel pieno del suo sviluppo.
Tratto dal poliziesco omonimo del 1943 di Vera Caspary e, finalmente passato allo schermo dopo una serie di traversie e avvicendamenti registici, esplora, con grande complessità e raffinatezza stilistica, figurativa e strutturale, l’ambiguo confine tra veglia e sonno/sogno, tra realtà e creazione fantastica, indagando sotttilmente la labilità dei limiti spaziali, temporali ed emotivi tipici della dimensione onirica, e fortemente correlati alle atmosfere irreali, stranianti e allucinate del noir.
Nel romanzo della Caspary i punti di vista dei protagonisti si alternano, divisi nei vari capitoli, offrendo, dalle varie angolazioni e prospettive, la consecutività di tanti tasselli atti a costruire il quadro complessivo della vicenda. Gli eventi rimangono sostanzialmente invariati nel passaggio dalla carta allo schermo: Laura Hunt, giovane e bella pubblicitaria di successo, viene uccisa nell’atrio del suo appartamento, sfigurata da un colpo di fucile.
I principali indiziati sono: l’amico e pigmalione Waldo Lydecker, cinquantenne intellettuale ed esteta, tronfio e raffinato, innamorato non corrisposto della protagonista, e il fidanzato di lei, Jimmy Carpenter, vanesio e debole; ad indagare sul delitto l’aitante e tormentato detective Mark McPherson che, progressivamente, si invaghisce della donna morta, in una manifestazione di amore e passione necrofili, esempio di sentimento contorto e ripiegantesi su se stesso e sulle sue deformazioni, tipico del noir.
Nel film l’alternarsi delle voci viene eliminato dando luogo, apparentemente, ad una dualità di punti di vista: quello di Waldo, dalla prima sequenza, a cui segue quello di Mark, all’uscita del ristorante in cui ha cenato con Lydecker; passaggio segnalato da una carrellata su Mark, conclusasi con il suo primo piano e con la dissolvenza in nero in chiusura di sequenza.
Il film si apre, infatti, con la voce fuori campo di Waldo, la quale inizia il racconto delle vicende e introduce il primo, notevole elemento ambiguo, vale a dire l’indefinibilità del rapporto tra il tempo della narrazione e quello delle vicende narrate, fondamentale dato strutturale oltre che formale. L’espediente della voce fuori campo, inoltre, crea un effetto di “distanza” e non fa che enfatizzare l’impressione di ineluttabilità degli eventi e la visione deterministica del destino, tipica del noir.
La ricomparsa di Laura avviene dopo il passaggio al punto di vista di Mark, in una celebre sequenza che vede il poliziotto, nel salotto della donna, addormentarsi e svegliarsi all’arrivo di quest’ultima, che come un’apparizione spettrale, irrompe sulla scena. D’ora in poi il dubbio legittimo di trovarsi in una proiezione onirica di Mark sarà sempre più marcato e suffragato dalla caratterizzazione del personaggio femminile, modellato sui desideri dell’investigatore, e dal progressivo svilimento degli altri personaggi, sempre più in balia delle proprie ottusità e deficienze.
Il passaggio al sogno non è esplicito come ne “La donna del ritratto” di Fritz Lang ma soffuso e ambiguo, tale da far permanere l’incertezza circa la dimensione in cui ci troviamo, anche se il doppio movimento di macchina, prima, verso Mark e, poi, in allontanamento è un espediente figurativo tipico di segnalazione dell’ingresso nel sogno. Marcato è il rapporto tra la dimensione onirica e l’immagine del quadro che ritrae Laura, quest’ultimo veicolo di slittamento in una nuova dimensione oltre che ricettacolo di memoria.
Elemento fondamentale e chiave di lettura del film è la pendola, di cui esistono due copie: una nella casa di Waldo e una in quella di Laura: due pendole identiche (forse a sancire due temporalità uguali ma sottilmente diverse e divaricate), la seconda oggetto essenziale anche dell’intreccio, intorno alla quale sembrano ruotare gli eventi e che, a chiusura del film, crollerà rovinosamente cristallizzando il tempo (della narrazione? Delle vicende reali? delle vicende immaginate, e da chi? Della storia narrata e messa in scena??). Il celebre tema musicale, vero e proprio leitmotivf, composto da David Raksin, divenuto un classico, è il sottile richiamo alla figura di Laura, a sancire quella circolarità e pervasività degli elementi, caratteristica peculiare del film.
Barbara Voltani