L’ULTIMO DOMINATORE DELL’ARIA
The Last Airbender, Usa 2010, Regia e Sceneggiatura: M.N. Shyamalan, Tratto dalla serie televisiva animata AVATAR La Leggenda di Aang (Nickelodeon) creata e prodotta da Michael Dante DiMartino e Bryan Konietzko, Con: Noah Ringer, Dev Patel, Jackson Rathbone, Nicola Peltz, Shaun Toub, Aasif Mandvi, Cliff Curtis, Seychelle Gabriel, Katharine Houghton, Francis Guinan, Damon Guinan, Summer Bishil, Randall Duk Kim, John D’Alonzo, Keong Sim, Isaac Jin Solstein, Edmund Ikeda, Musiche: James Newton Howard, 103 minuti, Universal Italia.
Shyamalan ha perso la sua musa.
Non metaforicamente, ma nella realtà, in carne ed ossa, nel 2004, con l’ultimo film vero suo geniale capolavoro, The Village, ultimo firmato per la Touchstone, una associata degli studi Disney.
Qui, aveva una musa, ed era una assistente produttrice, che in qualche modo “guidava” come un dominatore dell’elemento cinematografico l’estro insoggiogabile del cineasta di origini indiane.
Cambiando casa produttrice e lasciando la Disney, Shyamalan si è ritrovato con la massima e più assoluta libertà donatigli dalla Warner Bros prima (Lady in the water), Fox poi (con il migliore della “triade della decadenza” E venne il giorno) e con Universal per quest’ultimo, a cui non pareva vero di aver rubato la gallina dalle uova d’oro ai concorrenti.
La musa guidava, incanalava i film di Shyamalan verso un controllo, una sistematizzazione del suo messaggio “Messianico”, di destino finale dell’uomo inteso come individuo, che in ‘Lady in the water’ esplode ormai senza controllo e senza ausili di sceneggiatura, ma soprattutto scatenante noia estrema elemento più diffuso che l’ossigeno, che in E venne il giorno riesce a contenersi per trasformarsi, ma che questa volta perde qualcosa nella direzione degli attori, fondamentalmente diversa da tutti i film precedenti, per poi finire in questa “pagina bianca” (come l’ambientazione polare dell’inizio film) chiamata Dominatore dell’aria.
“Ho sempre avuto un reale interesse per la matematica, ma quando ho conosciuto la dimensione filosofica credo che il mio gusto sia slittato verso la letteratura” 1
E questo lo si vede nell’andamento dei suoi film, progressivamente lasciato il Twisted end (così caro ad Agatha Christie sua musa letteraria), il regista ha tentato di imporre ed imporsi un andamento rapsodico ma immanente nella sua visione messianica.
E in questo film, dove i bambini devono prendersi soverchianti responsabilità, i poteri e le dannazioni degli adulti per sempre, Shyamalan da quel versante se la cava molto bene, lo contraddistinguono scelte azzeccate sul cast, più che azzeccate, perfette, per il personaggio di Aang:
“Niente volti famosi ma qualcuno che fosse davvero un maestro di arti marziali[…] il dodicenne Noah Ringer, campione di Taekwondo ma per il film ha dovuto imparare il wushu, oltre a dover guardare e riguardare Operazione Drago con Bruce Lee, punto di riferimento per Shyamalan”2
Ed anche (soprattutto) per il principe Zuko, esiliato e rinnegato dal padre in cerca perenne di una sua strada e dell’affetto paterno negato:
“A vedere Dev Patel in The Millionaire, nel ruolo dell’ingenuo innamorato Jamal, nessuno avrebbe immaginato che l’attore è da anni cintura nera di Taekwondo”3
Il cast intero, in gran parte Indiano ed Orientale è davvero azzeccato.
E allora cosa non funziona in questo, tutto sommato, bel film?
Il paragone con il cartone, che c’è, è ben visibile su Rai Gulp sul digitale terrestre e su Nickelodeon per il satellite, è enormemente più calibrato e più… bello, davvero.
Il regista nella pellicola c’è, riesce a dare una sua innegabile impronta (gli elementi presenti in tutti i suoi film), ma vi è anche un fastidioso “effetto di trasposizione Harry Potter”, cioè l’avvicendarsi degli avvenimenti ‘affrescato’ velocemente e NON “ripreso” e vissuto come il cinema dovrebbe fare, alla trasposizione manca un collante che respiri con la pellicola invece che guardare stremato e ansimante la “sua” origine animata e doverne per forza seguire passo, passo gli stessi avvenimenti.
Per onore di cronaca, i film di Harry Potter, gli ultimi tre per la precisione, non hanno più quel problema.
“In tutte le pellicole del regista si crea in qualche modo una linea, immaginaria, abbozzata, di sentimento, di aspettative, canale di emozioni contrastanti e di visioni, ma pur sempre una linea visiva che si crea tra un personaggio ed un altro personaggio, oggetto o luogo, investiti di uno speciale valore”4
Pur avendo questi elementi, il film riesce ad evocarne ben altri, fragili e naif, ma pur sempre elementi di cui tener conto.
Shyamalan potrebbe davvero, come il suo Avatar, trovare la strada di dominatore di più elementi, una evoluzione di ciò che era prima, ci vorrà ancora del tempo ma nel caso ci riuscisse, allora il Cinema potrebbe davvero cambiare per sempre.
Davide Tarò.
1 Jean-Sebastien Chauvin e Vincent Malausa , Air Shyamalan Entretien avec M.Night Shyamalan, pag 74, in Cahiers du cinema n°659, settembre 2010, Cahiers du cinema srl, Parigi.
2 Karin Ebnet , La leggenda ha inizio…, in Best Movie n°9, pag 86, Settembre 2010, Editoriale Duesse S.p.a, Milano.
3 Karin Ebnet, ibidem, pag 87.
4 Davide Tarò, Shyamalan ovvero della linea del desiderio visivo,in a cura di Andrea Fontana M. Night Shyamalan Filmare l’ombra dell’esistenza, Morpheo Edizioni, Rottofreno (Pc) 2007.