Bright Star
di Jane Campion
Negli ultimi tre anni della sua breve esistenza il poeta romantico inglese John Keats, orfano di entrambi i genitori e un fratello gravemente malato, visse per un lungo periodo nella dimora di campagna del facoltoso amico Charles Brown, ove si dedicò alla creazione di alcuni dei suoi più celebri versi, probabilmente ispirati anche all’incipiente epifania amorosa per una ragazza del posto, Fanny Brown. Alla sua musa Keats dedicò poco prima di morire a Roma, ove era stato mandato da amici letterati in un ultimo disperato tentativo di salvargli la vita, il sonetto Bright Star che dà anche il titolo all’ultima pellicola di Jane Campion: la regista neozelandese ha attinto dagli ultimi intensi anni di vita del grande autore britannico per scrivere e dirigere il suo personale inno all’amore e alla creazione artistica, nonché uno dei suoi film più intimisti e delicati. Rappresentare sul grande schermo la quotidianità di una figura emblematica come quella di John Keats poteva facilmente condurre ad errori di percezione, esasperazioni o dimenticanze, non è il caso di Brigh Star: Campion sceglie di focalizzare lo script sugli aspetti più romantici della storia sentimentale tra lo scrittore e la sua musa Fanny, eleggendo quest’ultima a ruolo di protagonista. L’immagine dell’irrequieto poeta verrà quindi tratteggiata attraverso il filtro inevitabilmente parziale dell’amata, obliando con questo fin da subito ogni possibile speculazione biografica. Lo specchio che ci viene restituito è quello di un giovane artista incredibilmente sensibile e dotato, dominato dalle passioni, perfettamente in simbiosi con la natura delle mondo che lo circonda, la stessa natura che di lì a pochi anni lo avrebbe condotto prematuramente alla morte per tubercolosi. Davvero efficaci le interpretazioni dei due protagonisti, in particolare Ben Whishaw ha il merito di conferire al suo autorevole riferimento una freschezza davvero congeniale. Grazie poi alla splendida fotografia di Greig Fraser e ai meravigliosi costumi di Janet Patterson, Campion raggiunge il difficile obiettivo di non decontestualizzare i suoi soggetti dalla cornice storica a cui naturalmente dovrebbero appartenere, laddove il lavoro di ricerca restituisce in una forma originale la percezione di un’intera epoca.
Ciò nonostante Bright star non è solo un ricercato ritratto dei sentimenti, ma anche e prima di tutto la sentita ode di una cineasta alla Poesia: ciò che particolarmente distingue questa pellicola è infatti l’eleganza con cui Jane Campion sia riuscita a trasporre in immagini l’incantesimo stesso dell’arte poetica, a raccontarne il tutto attraverso le parti. Più facile sarebbe stato affidarsi soltanto ai versi del poeta Keats per confezionare un film “recitato”, mentre qui si è voluto fondere la propria estetica cinematografica con l’idea stessa di bellezza, focalizzandosi sull’incanto scenico dei paesaggi naturali, ripresi con un’attenzione al particolare quasi maniacale, e affidando l’obiettivo alla loro armoniosa potenza descrittiva; in dono, cornici che sembrano disegnate da un pennello impressionista ed uno spettacolo per la vista, mai stucchevole. Jane scrive e dirige, dimostrando una ritrovata padronanza di entrambi i mestieri senza cedere a facili vezzi, lasciando semplicemente al suo obiettivo il fondamentale compito di raccontare. Parafrasando Keats: una cosa bella è una gioia perenne.
Presentato più di un anno fa a Cannes Bright Star è stato infelicemente distribuito in Italia soltanto lo scorso giugno: il consiglio è quindi di recuperarlo fra poco più di un mese, quando dovrebbe uscire in dvd.
http://www.youtube.com/watch?v=fIZJhSpeLmo
Massimo Pornale