BOKURANO
Anime, Giappone 2007, 22 episodi. Regia: Hiroyuki Morita, Character Design: Kenichi Konishi, Musiche: Yuji Nomi, Theme song performance di Chiaki Ishikawa, 3D Director: Katsuhisa Oono, Produzione: Studio Gonzo. Tratto dall’omonimo manga di Mohiro Kito (Bokurano- Il nostro gioco, edito in Italia da Kappa Edizioni).
“Uninstall… Uninstall”
Le parole della notevole sigla di apertura non potevano essere più congeniali.
Unistall come morte, morte a puntate di quindici ragazzi che in gita scolastica si fanno coinvolgere da uno scienziato che ha costruito un robot con tecnologia mai vista arenato in una spiaggia, è un gioco… e tutti cominciano a giocare.
Con quel robot ogni ragazzo deve sconfiggere altri robot che vogliono distruggerli a turno, dopo ogni fine battaglia (indipendentemente dal risultato) il pilota prescelto muore.
Chi conosce già l’acida, malsana eppure così lucida poetica di Kito (Narutaru edito da Star Comics) ha qualche idea di dove si voglia andare a parare.
Ragazzi kamikaze?
No.
Ragazzi che prendono coscienza dell’esistenza ( e dei loro all’apparenza insormontabili problemi) proprio nel momento supremo: il distacco dalla vita.
La regia è di Hiroyuki Morita quello che ci ha già regalato Il regno dei gatti (Cat Returns) dello Studio Ghibli, sequel un po’ giù di giri di Whisper of the heart di Yoshifumi Kondo e visto ad un Future Film Festival di qualche anno fa, ma anche key animator della serie Monster, Ghost in the shell 2: L’attacco dei Cyborg (Innocence), Paranoia Agent e Perfect Blue tra le tante.
Un veterano che (ancora) riesce a dare linfa animata e la sensazione di movimento e phatos anche dove vi è un risparmio produttivo ben visibile.
Le animazioni non sono fluide, e si vede, ma il lavoro di regia e la storia incalzante aiutano a “coprire” adeguatamente le altre mancanze.
Come abitudine della Gonzo, la sua produzione è un melange di computer grafica e disegno tradizionale, in questo caso la computer grafica, lungi dall’essere sperimentale come in Blue Sub Marine N°6 o Last Exile, qui serve esclusivamente a far risparmiare sui rodovetri e sui disegni degli inquietanti robot e delle quindici sedie tutte accuratamente diverse per ogni personaggio (al quale perfettamente confà caratterialmente la propria sedia).
Il character design è la cosa più interessante, Kenichi Konishi arriva dalle key animation di Il castello errante di Howl, Evangelion 2.0 You can (not) advance, Ghost in the shell S.A.C la serie e tantissime altre ancora.
Il disegno riesce ad essere assai simile a quello spigoloso di adolescenti coscienti e dannati (in attesa di Grazia) di Kito, volutamente, riuscendo nello stesso tempo ad essere originale e da anime “moderno”.
Probabilmente l’alchimia dello staff non è riuscita bene come si sperava in fase di studio e preparazione, ma il prodotto è tutt’altro che non riuscito.
Per l’annata, è pur vero che la qualità intrinseca delle animazioni è fuori standard, ma la storia, il fascino, l’intelligenza, il coraggio ed il phatos dell’anime (oltre che le stupende musiche) riescono a fare miracolosamente il resto.
Da notare che i 22 episodi dell’anime, hanno una diversa conclusione (e un diverso svolgimento) dal manga che era ancora in corso di pubblicazione durante la preparazione della serie.
Davide Tarò.