KYOKO MON AMOUR

Alessandro Del Gaudio

Edizioni Il Foglio, 176 pagg, Euro 15.

Non un saggio, ma un libro che vorrebbe tendere elettivamente al romanzo.
Romanzo di formazione; per intenderci, di formazione dell’autore stesso sui gusti e ricordi verso alcuni manga “giovanili” o “adolescenziali” apparsi dai primi anni ’90 fino ai giorni nostri in Italia.

“I manga giovanili sono una delle espressioni più singolari del fumetto nipponico, quella forse che più di tutte lo rende unico nel suo genere” dice lo stesso Alessandro nell’introduzione al libro, ed ha ragione da vendere.
La scelta è delimitata Salomonicamente in partenza a 10 titoli: Maison Ikkoku, One Pound Gospel della cosiddetta regina del manga Rumiko Takahashi, Touch, Rough di Mitsuru Adachi, Kimaguire Orange Road, Sesame Street di Izumi Matsumoto, Video Girl AI, Present from Lemon, I’’S di Masakatsu Katsura ed infine Beck Mongolian Chop Squad di Harold Sakuishi.
Ed in effetti, anche se delimitato, il campo è chiaro, con una voluta prepoderanza del “pruriginoso”, ma sicuramente indispensabile per il racconto/percorso, Masakatsu Katsura, croce e delizia delle ragazzine in fiore, un mito anche tra i lettori manga italiani e otaku degli anni ‘90.
Un percorso, fatto quasi a mò di romanzo picaresco dell’anima e dell’anime si potrebbe dire scherzando, tra un autore e l’altro dei manga, tra un media e l’altro.
Eh si, perché l’amore per i manga, il buon Alessandro, come la massima parte dei lettori odierni di fumetti giapponesi, l’ha contratto per sua stessa ammissione scritta con l’anime di Maison Ikkoku, in una delle tante repliche sulle allora attive emittenti regionali dei primi anni ’90.
Quindi anche qui, l’animazione porta alla passione per la carta stampata.
E come è giusto, alla carta stampata finisce e lascia un messaggio di passione oltre che di sentito inquadramento storico/generazionale di alcuni titoli.
Sempre nella direzione del romanzo, molto originale e fatta con gusto è la scelta di estrapolare alcuni dialoghi presi dai baloon, in momenti salienti di ogni opera citata, creando un effetto nient’affatto banale.
Una testimonianza, un racconto, delle utili e preziose informazioni.
Posso solo aggiungere, come estimatore del genere se se ne può parlare come tale, una accennata amarezza che ho provato nel non vedere trattato a dovere il manga più sottovalutato di Tetsuya Egawa: Golden Boy; si dovrebbe leggere fino ( o solo) al 10° tankobon/volume per credere, dove è presente una lucidissima critica generazionale che solo un Go Nagai con Devilman e Violence jack aveva osato in quei termini “rivoluzionari”.
Ma, ripeto, l’interessante percorso di Alessandro è e nasce per essere personale, e personale deve rimanere.

Davide Tarò.

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