Away we go

Away we go di Sam Mendes
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Come quei film che sull’empatia del momento vorresti far vedere a chiunque tu conosca, che mentre scorrono hanno il fluido dono di riconciliarti per 91 minuti con le assurde piccolezze degli affanni quotidiani, spiegandoti umilmente che c’è sempre almeno un’altra lente attraverso cui osservarci. Che sanno aggredire il concetto di “normalità”, sradicandone alla base ogni plausibile accezione. Away we go è la consolidata maturità artistica di Sam Mendes, che con questo film affina il suo cinico sguardo nei confronti della società statunitense, distanziandolo di qualche passo ma guadagnandoci in consapevolezza ed equilibrio.
Il regista britannico torna ad indagare su due nuclei fortemente significativi nel suo approccio cinematografico, la famiglia e la genitorialità: già in American Beauty (1999) Mendes aveva  imbastito una delle più fulgide e corrosive critiche all’istituzione familiare americana, insistendo poi nella spietata analisi delle idiosincrasie esistenziali di una giovane coppia ’50s in Revolutionary Road (2008), per completare ora l’affresco con questa commedia amara che colpisce dal basso, evitando tuttavia taluni eccessi d’enfasi che avevano caratterizzato le opere precedenti.
Verona e Burt sono una coppia di trentenni che sembrano galleggiare fuori dal mondo: vivono in un caravan; lei saltuariamente disegnatrice pubblicitaria e lui atipico impiegato telefonico per un’assicurazione pensionistica; lei orfana e lui figlio di astratti genitori benestanti che non si curano troppo della sua esistenza; lei ancorata più razionalmente e pessimisticamente alle loro possibilità, lui sognatore incondizionatamente ottimista. Quando scoprono di aspettare un figlio, decidono che per il loro bene e per quello del primogenito intraprenderanno un viaggio attraverso gli Stati Uniti alla ricerca di un posto e una condizione più idonei a crescere, in tre.
Colpisce la capacità ormai collaudata di Mendes nel plasmare sullo schermo gli ossimori di una società fittizia e stereotipata, che in questa pellicola sa dipingere attraverso gli schemi propri della scena indipendente contemporanea: il cast, le ambientazioni, la fotografia, la stessa regia, sono infatti riconoscibili (e tuttavia non ascrivibili) in un certo far cinema d’oltreoceano piuttosto inflazionato. Ma il segreto e la forza di questo lavoro sta proprio nel riuscire a non forzare troppo sui canoni linguistici di genere, garantendo invece una sobrietà formale per nulla scontata.
Ciò che rende Away we go una delle migliori commedie dell’anno è piuttosto l’estrema profondità e l’infinita tenerezza che Mendes sa imprimere alla sua storia: l’amore che unisce Verona e Burt è originale, profondo e radicato nel loro essere “alieni” rispetto alle altre coppie, specialmente quelle che incontreranno nel loro road trip in giro per gli States. Grazie anche alla brillante sceneggiatura ad opera di Dave Eggars e Vendela Vida – che hanno saputo conferire ai loro protagonisti un incredibile spessore, mescolando perfettamente il dramma della precarietà quotidiana con una comicità davvero contagiosa- il regista ha potuto incastrare la sua cinepresa tra gli stipiti di un legame totalmente intimo e unico, quello che si dovrebbe sempre instaurare tra due futuri genitori.
Impossibile resistere all’infinita dolcezza dell’amore di Burt (raggiante la performance di John Krasinski) mentre soccorre con i suoi esilarante nonsense le ansie di Verona nel farsi madre: durante i mesi della gestazione incontreremo con loro i volti dell’america di oggi, di quell’america che sforna “mac-pargoletti” già confezionati e pronti all’uso, famiglie che dietro il perbenismo di una ridicola maschera sociale, celano il dramma di una crisi ch’è molto più che economica. Il ritratto poco edificante di una generazione di genitori-bambini che cercano nella riproduzione un’alternativa egoistica per affogare le proprie insicurezze: Verona e Burt nella loro difettosa finitezza, scopriranno di rappresentare un modello familiare più sano ed equilibrato di quanto potessero sospettare.
Away we go dovrebbe uscire nelle italiche sale ad aprile 2010, nel frattempo il consiglio è di recuperarlo in lingua originale.
Massimo Pornale

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di Sam Mendes
Come quei film che sull’empatia del momento vorresti far vedere a chiunque tu conosca, che mentre scorrono hanno il fluido dono di riconciliarti per 91 minuti con le assurde piccolezze degli affanni quotidiani, spiegandoti umilmente che c’è sempre almeno un’altra lente attraverso cui osservarci.Che sanno aggredire il concetto di “normalità”, sradicandone alla base ogni plausibile accezione. Away we go è la consolidata maturità artistica di Sam Mendes, che con questo film affina il suo cinico sguardo nei confronti della società statunitense, distanziandolo di qualche passo ma guadagnandoci in consapevolezza ed equilibrio.

Il regista britannico torna ad indagare su due nuclei fortemente significativi nel suo approccio cinematografico, la famiglia e la genitorialità: già in American Beauty (1999) Mendes aveva  imbastito una delle più fulgide e corrosive critiche all’istituzione familiare americana, insistendo poi nella spietata analisi delle idiosincrasie esistenziali di una giovane coppia ’50s in Revolutionary Road (2008), per completare ora l’affresco con questa commedia amara che colpisce dal basso, evitando tuttavia taluni eccessi d’enfasi che avevano caratterizzato le opere precedenti.

Verona e Burt sono una coppia di trentenni che sembrano galleggiare fuori dal mondo: vivono in un caravan; lei saltuariamente disegnatrice pubblicitaria e lui atipico impiegato telefonico per un’assicurazione pensionistica; lei orfana e lui figlio di astratti genitori benestanti che non si curano troppo della sua esistenza; lei ancorata più razionalmente e pessimisticamente alle loro possibilità, lui sognatore incondizionatamente ottimista. Quando scoprono di aspettare un figlio, decidono che per il loro bene e per quello del primogenito intraprenderanno un viaggio attraverso gli Stati Uniti alla ricerca di un posto e una condizione più idonei a crescere, in tre.

Colpisce la capacità ormai collaudata di Mendes nel plasmare sullo schermo gli ossimori di una società fittizia e stereotipata, che in questa pellicola sa dipingere attraverso gli schemi propri della scena indipendente contemporanea: il cast, le ambientazioni, la fotografia, la stessa regia, sono infatti riconoscibili (e tuttavia non ascrivibili) in un certo far cinema d’oltreoceano piuttosto inflazionato. Ma il segreto e la forza di questo lavoro sta proprio nel riuscire a non forzare troppo sui canoni linguistici di genere, garantendo invece una sobrietà formale per nulla scontata.

Ciò che rende Away we go una delle migliori commedie dell’anno è piuttosto l’estrema profondità e l’infinita tenerezza che Mendes sa imprimere alla sua storia: l’amore che unisce Verona e Burt è originale, profondo e radicato nel loro essere “alieni” rispetto alle altre coppie, specialmente quelle che incontreranno nel loro road trip in giro per gli States. Grazie anche alla brillante sceneggiatura ad opera di Dave Eggars e Vendela Vida – che hanno saputo conferire ai loro protagonisti un incredibile spessore, mescolando perfettamente il dramma della precarietà quotidiana con una comicità davvero contagiosa- il regista ha potuto incastrare la sua cinepresa tra gli stipiti di un legame totalmente intimo e unico, quello che si dovrebbe sempre instaurare tra due futuri genitori.

Impossibile resistere all’infinita dolcezza dell’amore di Burt (raggiante la performance di John Krasinski) mentre soccorre con i suoi esilarante nonsense le ansie di Verona nel farsi madre: durante i mesi della gestazione incontreremo con loro i volti dell’america di oggi, di quell’america che sforna “mac-pargoletti” già confezionati e pronti all’uso, famiglie che dietro il perbenismo di una ridicola maschera sociale, celano il dramma di una crisi ch’è molto più che economica. Il ritratto poco edificante di una generazione di genitori-bambini che cercano nella riproduzione un’alternativa egoistica per affogare le proprie insicurezze: Verona e Burt nella loro difettosa finitezza, scopriranno di rappresentare un modello familiare più sano ed equilibrato di quanto potessero sospettare.

Away we go dovrebbe uscire nelle italiche sale ad aprile 2010, nel frattempo il consiglio è di recuperarlo in lingua originale.

Massimo Pornale

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