LIBRI AMERICANI

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Uno: M.NIGHT SHYAMALAN Filmare  l’ombra dell’esistenza , di Andrea Fontana, Morpheo Edizioni (Rottofreno) 2007, 14 euro.
Due: IL CINEMA AMERICANO DOPO L’11 SETTEMBRE, a cura di Andrea Fontana, Morpheo Edizioni (Rottofreno) 2008, 18 euro.

E’ già uscito da un po’, ma poco importa, la sua novità non si basa sulla data di pubblicazione.
Che questo fosse un libro auspicabile e molto atteso è fuor di dubbio.
Che fosse anche necessario in un momento di forte miopia visionante e compilativa di chi dovrebbe continuare a parlare e diffondere l’idea di cinema, risulta ora, assolutamente chiaro, ma lo sarà ancora di più con il passare degli anni.
Shyamalan, pur avendo un suo pubblico di riferimento, non incontra tra le istituzioni dell’accademismo compilativo molte simpatie, e chi non raccoglie simpatie, sia regista o compilatore di saggi, non viene citato nei salotti buoni delle redazioni che contano, nel gotha dei critici, e quindi non esiste.
Fortunatamente, rare volte, non funziona così, e alcuni saggi, pur non essendo molto conosciuti riescono a farsi valere e, soprattutto, farsi conoscere grazie al passaparola di chi legge di cinema davvero.
Proprio come un buon film, ad un buon libro succede la stessa cosa.

Per questo volume, curato da Andrea Fontana, addirittura alcune riviste di cinema, di solito refrattarie a citare degli “emeriti sconosciuti”, hanno cominciato a fare uno strappo alla regola e hanno citato il volume riguardante il buon regista indiano.
Il Libro è strutturato in una prima parte, riguardante la biografia ragionata del regista, e della disamina singola di tutti i suoi film, a parte i primissimi Praying with anger e Wide Awake che Fontana decide di trattare insieme come un ‘unicum’ percependo la forte componente autobiografica del regista (ed una sorta di iniziale “immaturità” stilistica) in entrambi.
Poi, il volume procede su molti interventi inediti di alcuni conosciuti e meno conosciuti saggisti e giornalisti di cinema, con teorie molto particolari (il caso dell’acuto Daniele Dottorini nel suo saggio ‘Lo spazio serrato’) e assai illuminanti.

Il libro si conclude degnamente con la pubblicazione per ogni film del regista indiano, di un paio di critiche già pubblicate in riviste cartacee o on-line, soprattutto italiane, ma non solo.

L’impressione, dopo aver letto questo libro, è ,per citare l’acuto James Berardinelli critico americano che praticamente “scoprì” Shyamalan ben prima del suo osannato ‘Sesto Senso’, di ” Caldo Bagliore”.

Due:

IL CINEMA AMERICANO DOPO L’11 SETTEMBRE, a cura di Andrea Fontana, Morpheo Edizioni (Rottofreno) 2008, 18 euro.

Questo dovrebbe essere, tra alcuni dei saggi di cinema pubblicati negli ultimi anni, adottato nelle Università.
Ha il respiro del grande affresco storico, ha la capacità visionante di andare oltre senza soffermarsi o indugiare pedissequamente dove lo fanno tutti, e soprattutto ha coraggio.
Il volume conta qualcosa come più di duecento titoli che il cinema americano ha prodotto dopo l’11 settembre 2001 e che da quell’avvenimento ne sono stati o tratti o per collegamenti extratestuali o cognitivamente endogeni, tra serial tv (raramente citati nel marasma di carta stampata in distribuzione) e film anche “insospettabili”.

L’11 Settembre ha dato vita a flussi di pensiero, emozioni e paure le quali sono poi state incanalate coscientemente o inconsciamente dall’industria dello spettacolo visivo.
La sfida, l’enorme e maestoso obiettivo del multiprospettico volume, è nientemeno quella di imbastire un discorso seminale, mettere insieme titoli che ad una prima (miope) vista “vicini” non dovrebbero stare, e codificarlo in forme mentali (che diventano capitoli) quali: 1 Il senso dell’assedio, 2 Non luoghi che diventano incubi: aerei e aereoporti nell’immaginario cinematografico, 3 Il passato storico-politico come causa della contingenza,  4 Giustizie devianti, 5 Gli effetti militari dell’11 settembre, 6 Il genere super-eroistico : un sentire fantapolitico?, 7 La società di eri-oggi-domani: riflesso della contingenza.

Come se non bastasse, Fontana decide di andare avanti, mettere il dito nella piaga per cercare di capire, approfondire, far provare, ed il volume si divide molto acutamente in una parte seconda con diversi interventi di studiosi di cinema, chiamati molto acutamente “Prospettive”.
Ma è con la terza parte, quella delle “Appendici” che il libro, a sorpresa del lettore, si apre definitivamente a prospettive assolutamente inedite, il pezzo di Andrea Fornasiero ‘La serialità americana alla spettrale ombra delle Twin Towers’ è un buon esempio di informazione alternativa sulla serialità post-“terroristica”, e si raggiunge l’eccelsa visione acutamente lucida di un Giona A. Nazzaro in piena forma con ‘Il complotto del tempo al tempo dei complotti, paranoia e cronofobia in 24’.

Un volume che non ha limiti di genere, e di autori, sia quelli considerati dal mainstream ‘artisti’, sia quelli che il più delle volte sono considerati meri esecutori, un illuminato saggio che non ha paura di citare il misconosciuto Oshii Mamoru con il suo imprescindibile (per il discorso post-11 settembre) Patlabor II, anzi, se si volesse rivolgere una piccolissima critica la si potrebbe vergere sulla mancanza di un approfondimeno ad hoc di questa capitale opera, madre di tutti gli “attacchi terroristici”.
Ma sarebbe pretendere obiettivamente troppo da un volume che trova una sorta di incredibile equilibrio in sé, e nelle seminali conclusioni che porta a pensare.
Un gran libro da avere e leggere con cura.

CINQUE DOMANDE ad ANDREA FONTANA, Autore di entrambi i saggi.

1)Andrea, potresti raccontarci del come ti sei avvicinato al cinema? Quando hai pensato di volerne scrivere davvero? Insomma, raccontaci la tua biografia.

Ho scoperto il cinema ai tempi del liceo con una doppia visione folgorante: La sottile linea rossa di Malick e Professione: Reporter di Anotonioni, due film capaci di aprirmi letteralmente gli occhi su un nuovo modo di vedere il mondo e raccontarne le sue dinamiche più profonde e trasversali. Arrivare a scriverne è stato quasi un processo naturale, sentivo di dover esprimere le mie considerazioni, ma mi rendevo anche conto che non sarei andato lontano senza una cultura cinematografica, tecnica e teorica, di base. Da qui la scelta di buttarmi a peso morto nelle infinite visioni che costituiscono la mia formazione personale, nonché nella lettura di innumerevoli saggi critici. Un ruolo importante, sebbene non voglia ammetterlo, lo ha avuto Roberto Di Vanni, già collaboratore per Fuori orario, che attraverso il suo rifiuto per il cinema contemporaneo è riuscito a trasmettermi una fascinazione per l’immagine quasi schizofrenica.

2)Nei tuoi volumi, sembra esserci una netta preferenza per la composizione corale, a più persone, voci e teorie, il più delle volte ti ritagli con molto pudico “understatement” un ‘a cura di’, la saggistica sul cinema è o dovrebbe essere un insieme di voci armoniosamente sentite e, soprattutto, organizzate?

Quella dei volumi collettanei è un’abitudine che stenta a radicarsi in Italia. Dar corpo a un volume a più voci significa innanzitutto fornire al lettore un approccio multi prospettico su un determinato argomento. La critica italiana cade spesso nell’errore fatale di credersi una scienza universale ed esatta, un dato oggettivo a cui bisogna necessariamente rifarsi. Inutile nasconderlo: questo è un problema che va a toccare le radici profonde della cultura italiana, fondamentalmente elitaria e furba. Con i miei libri a più voci ho voluto parlare di argomenti particolari cercando di non limitarmi al mio punto di vista, ma offrendo una serie di prospettive che abbracciano l’oggetto di studio in maniera assoluta, puntando a una forma di oggettività il più sincera possibile.

3)Nell’attuale situazione editoriale cinematografica, un critico giovane come te è una novità, una rottura, un qualcosa che può smuovere acque da troppo tempo stagnanti, “come ti vedi” ? Hai pubblicato un notevole e (probabilmente) seminale saggio/volume sui flussi percettivi, spettacolari e culturali del post-11 settembre, pensi che stia cambiando qualcosa nell’editoria italiana dedicata alla saggistica?

Ti ringrazio Davide, sei gentile ma esageri! Non mi considero assolutamente una novità, né l’elemento chiave di un mutamento culturale. Nel mio piccolo cerco di analizzare con più competenza possibile argomenti che in Italia sono spesso tralasciati (la crociata personale sulla considerazione “intellettuale” dell’animazione giapponese, lo studio su Shyamalan ecc.), cerco di fornire punti di vista inediti su inediti argomenti, evitando di scrivere l’ennesimo volume sul neorealismo italiano. In questo lavoro non sono solo, ci sono parecchie persone, molte delle quali più brave e competenti di me. Spero solo che in questo lavoro, qualcuno che pesi di più (non nascondiamolo, soprattutto politicamente) riesca a dare una svolta a quella che, ai miei occhi, appare una vera e propria stagnazione culturale, figlia di un conservatorismo vetusto. Per evitare eventuali critiche, tralascio la mia personale visione sulle case editrici italiane…

4)Ultime pellicole che hai visto e che BISOGNA ASSOLUTAMENTE andare a vedere o (almeno) non perdere.

Ho apprezzato parecchio Watchmen di Snyder, un autore da tenere d’occhio. Da sostenitore di Aronofsky consiglio The Wrestler, sebbene sia molto lontano dal suo cinema precendente. James Gray si è confermato ancora una volta un grande cineasta con l’ultimo Two Lovers, ma soprattutto il maestoso Gran Torino, ennesima conferma di un regista, Eastwood, che con una semplicità disarmante riesce a parlarci della vita.

5)Progetti per il futuro?
Attualmente sono al lavoro su una monografia incentrata sul cinema di Robert Zemeckis, un lavoro a cui tengo molto. Mi piacerebbe scrivere una monografia su Katsuhiro Otomo e portare avanti un progetto mastodontico sull’animazione giapponese. Ma è qualcosa di davvero troppo grosso, forse l’Italia non è ancora pronta…

Articolo e intervista di Davide Tarò.

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