Non è un Paese per Vecchi

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Llewlynn Moss è un cacciatore di antilopi che viene fortuitamente in possesso di una valigetta piena di verdoni nel deserto in cui si scorgono i segni di una resa dei conti tra narcotrafficanti. Peccato originale che scatenerà un vortice di incontrovertibili conseguenze e che condurrà l’uomo ad affrontare Anton Chigurh, diabolico killer su commissione che non lesinerà i propri sforzi per recuperare l’ambito bottino.

Joel e Ethan Cohen firmano il loro film più maturo e compiuto, segnando un fondamentale passo in avanti nell’indagine che da molti anni i due fratelli conducono senza remore sull’America di oggi: una sceneggiatura molto solida e asciutta – estremamente fedele al romanzo di Cormac MacCarthy da cui il film è tratto – e una magistrale regia rendono No Country for Old Men una della pellicole più interessanti di questa stagione cinematografica.

Le paranoie estremiste post 11/9 non intaccano minimamente la diegesi coheniana, che per antonomasia è apolitica e amorale (esule s’intenda da prestabiliti schemi sociali): siamo in Texas, Usa, dove lo spazio assume un senso di infinitezza psicologicamente debilitante, e in cui la sopravvivenza di un essere umano è direttamente proporzionale a quel atavico senso panico proprio di ogni individuo. Errare non è umano in questo paese ed ogni scelta si paga amaramente attraverso l’imperscrutabile sadismo del destino.

Javier Bardem incanta lo spettatore annichilito di fronte all’algida interpretazione del suo non protagonista Chigurh: è un ritratto per sottrazione, che si affida principalmente all’estetica del gesto più che a quella delle battute. Da anni non si godeva sul grande schermo di un “villain” di tale spessore drammatico e inquietante terrore, uno psicolabile reso ancora più temibile dal sibillino sguardo dei Cohen. Adrenaliniche sequenze d’inseguimento si alternano a interminabili attimi di nevrastenica stasi, destando un senso di totale disorientamento nel pubblico realmente spaventato. La violenza, elemento da sempre caratterizzante l’intera opera del duo statunitense, trova in questo lavoro la sua massima trasposizione: Anton utilizza una terribile arma ad aria compressa per sacrificare le proprie vittime e la sua sete di sangue è assolutamente inarrestabile. Ma ancora una volta si lavora sul non detto, il non visto, e i registi per inasprire la tensione si affidano in più di una sequenza ad un fuori campo che parla da sé.

Terzo cardine della narrazione è l’ispettore di polizia Ed Tom Bell (Tommy Lee Jones) che incarna una sorta di deus ex machina alla rovescia: ogni suo sforzo di districare la fitta rete di traffici che si cela dietro le azioni di Chigurh, viene puntualmente placato dallo scoraggiante senso di disorientamento che lo assale. A lui è affidato il messaggio dell’intera opera, racchiuso emblematicamente nel pragmatico e bellissimo titolo: Ed è un uomo d’altri tempi, ormai prossimo all’agognato pensionamento che non riesce e non può più comprendere il mondo che lo circonda, soffocato da una senilità che non gli permetterà di osservare la realtà attraverso gli occhi della legge, ma da quelli di un uomo.

 

Massimo Pornale

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