SiCKO

sicko.jpgBig Michael colpisce ancora, ma questa volta prende di mira una tematica più ampia rispetto ai suoi precedenti lavori, quella del sistema sanitario americano analizzandolo attraverso la prospettiva delle società di assicurazione private, cui i cittadini del suo paese si vedono costretti a ricorrere (negli Stati Uniti il diritto alla salute non è sancito dalla Costituzione e sono l’unica nazione industrializzata al mondo a non avere un sistema di assistenza sanitaria universale) e concentrandosi sui brogli che queste adoperano per evitare di pagare il dovuto ai propri tesserati malati.

“Non c’è un solo personaggio o un’unica società da odiare in SiCKO (termine derivato dall’unione delle parole inglesi Psycho-psicotico e sick-malato), non c’è un singolo antagonista”, ha ammesso il regista. Come da tradizione, dopo le sconvolgenti verità svelate in “Bowling a Columbine” (Premio Oscar come miglior documentario nel 2002) e l’aver messo a nudo le bugie dell’amministrazione Bush in “Farenheit 9/11” (Palma d’Oro a Cannes nel 2004), anche ora Moore mostra il ventre molle della nazione più potente della terra, confezionando un fantastico saggio di comprensione della società americana che dovrebbe valere come monito per i suoi concittadini. “Io non volevo che il pubblico, uscendo dal cinema, dicesse «Mike li ha veramente presi a calci nel culo».

Sono loro stessi che devono prenderli a calci nel culo. La situazione si risolverà soltanto quando tutti si alzeranno e diranno basta!”. SiCKO risulta essere l’opera più commovente nella filmografia del regista di Flint che è riuscito a coniugare molto bene momenti di dramma e riflessione con scene ironiche, ma sempre reali, come quando mette a confronto le differenze tra il sistema sanitario inglese, rappresentato dall’ospedale di Hammersmith di Londra in cui i medici che riescono a migliorare le condizioni di salute dei propri pazienti vengono addirittura premiati economicamente dallo Stato, oppure quello francese in cui alle giovani coppie la legge offre addirittura una colf per gli aiuti domestici, con quello più deludente e drammatico degli Stati Uniti in cui gli ospedali abbandonano letteralmente in mezzo ad una strada chi non è finanziariamente coperto da un’assicurazione.

L’inchiesta, sempre precisa nei fatti, è costruita con quell’ironia tagliente che ormai contraddistingue il lavoro di Moore il quale, per questa sua ultima fatica ha scelto di stare più dietro alla macchina da presa rispetto alle opere precedenti e comparire solo in qualche scena. Il dato più sconcertante su cui la pellicola fa riflettere è come sia possibile che il sistema sanitario della nazione più potente del mondo sia fondato su società private che, in quanto tali, hanno per scopo quello di salvaguardare ed accrescere il proprio profitto economico, piuttosto che aiutare i malati e in questo senso la frase di Tocqueville, che appare nei titoli di coda, secondo cui la grandezza di un paese si misura nella sua capacità di porre rimedio ai propri errori diventa illuminante.

SiCKO non si limita solo a mostrare una serie di fatti sconcertanti, ma va oltre. Moore, infatti, ci mostra agli estremi l’assurdità del sistema quando, consapevole dell’assistenza medica che viene prestata dal governo americano ai terroristi detenuti a Guantanamo (debitamente documentata con interviste e video), decide di rivolgersi proprio a questa base militare per richiedere le stesse attenzioni sanitarie in favore di un gruppo di volontari i quali, dopo aver prestato aiuto a Ground Zero durante la tragedia dell’ 11 settembre 2001, hanno riportato gravi danni fisici e si sono visti negare ogni tipo di assistenza medica dal Fondo istituito proprio per aiutarli. Una volta raggiunta in motoscafo la baia di Guantanamo ed essere stato ignorato, Moore decide di proseguire il suo viaggio per Cuba (episodio che gli ha causato una denuncia ed ha aperto un procedimento giudiziario ancora in corso) non finendo di stupire lo spettatore che incredulo non può far altro che seguire stupitop il succedersi degli eventi Il grottesco, l’ironico e l’estremo sono degli ingredienti che Moore sa ben dosare evitando la trappola del cinismo e quando si concede qualche licenza, come le descrizioni forse troppo idilliache che offre della società inglese e francese, forse lo fa per dare un po’ d’ossigeno allo spettatore e non togliergli quel poco di speranza che gli resta, anche quando le circostanze suggerirebbero esattamente il contrario.

di Stefano MIFSUD Voto:9

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