Good Night, and Good Luck
DIRETTO DA George Clooney
SCRITTO DA George Clooney, Grant Heslov
PRODUZIONE Warner Independent Pictures, 2929 Productions
Una scatola piena di fili e nulla più. Questo sarebbe la televisione se non fosse per coloro che ci lavorano dentro e che hanno il dovere e la responsabilità di rendere un servizio alla gente informandola e mettendola di fronte alla realtà che la circonda.
Quella scatola è il mondo dentro cui si svolgono le vicende raccontate nel film. Una scatola non claustrofobica ma sicuramente chiusa, in qualche modo strana, anormale, una scatola che da una parte ci protegge ma dall’altra ci fa sentire la mancanza di un mondo esterno.
Tutto si svolge dentro gli studi della televisione. Tutto. Tranne il momento della pausa, della fine della giornata, che – sia esso triste o felice – si sposta nell’interno legnoso del bar senza peraltro passare per una strada. Si parla di mogli e di figli, di famiglie. Ma non se ne vedono. L’unica famiglia che ci si para direttamente davanti agli occhi è quella formata contro le regole dell’azienda da due dipendenti della televisione stessa, ma anch’essi senza fare eccezione sono divisi tra gli interni di casa loro e quelli degli studi e degli uffici della CBS.
Gorge Clooney racconta con coraggio e senza mai scadere nella banalità o nella celebrazione spielberghiana una storia che andava raccontata, una storia che alza il dito contro noi tutti – non giornalisti, o autori televisivi, o registi cinematografici: no, contro noi tutti esseri umani e abitanti del mondo nel 2005. Il male c’è e ci sono le persone malvagie, ma reagire a ciò che riteniamo in giusto fa parte – anzi dovrebbe fare parte- della natura umana. Reagire e difenderei propri diritti non ha nulla di eroico, di speciale, di incredibile: è soltanto una caratteristica della natura umana, come lo è della natura di tutti gli animali. E allora perché questo non succede? Questa domanda scorre sotto a tutto il film, e lo supera infilandosi nella testa dello spettatore e seguendolo come una persecuzione anche parecchio tempo dopo l’uscita dalla sala.
Dopo il non bello Confessioni di una mente pericolosa Clooney si distacca dal Soderbergh-style per cercare una storia più personale, che chiaramente appartiene al suo pensiero e alla sua mentalità più di quanto non lo fosse quella del suo primo film. Davvero mi stupisce la sua maturità di regista, il saper mettere in scena l’intera vicenda ricorrendo a scelte che non sono mai artifici, ma che costruiscono il racconto con forza e al tempo stesso con sobrietà. David Strathairn è grandioso, merita la Coppa Volpi che ha vinto e anche un Oscar: Anche nella sua recitazione si sente la forza di una regia consapevole ed impegnata.
Quello che davvero resta, al di là di qualunque analisi tecnica, è la forza di un racconto emblematico che come una sorta di parabola ci ammonisce sulle nostre dirette e personali responsabilità verso il mondo che abbiamo costruito e che stiamo, tuttora, costruendo.