Film [B.KEATON]

22 minuti circa
bianco e nero
girato in 35 mm
distribuito in 35 mm e 16 mm

regia: Alan Schneider
sceneggiatura: Samuel Beckett
direttore della fotografia: Boris Kaufman
operatore: Joe Coffey
montaggio: Sidney Meyers
interpreti: Buster Keaton
nessun dialogo
prodotto dall’ Evergreen Theatre, Inc.
prima proiezione: New York Film Festival 1965

Pensato inizialmente per una trilogia di sceneggiature cinematografiche commissionata dalla Grove Press di New York a tre protagonisti del cosiddetto teatro dell’assurdo (Project I, Three Original Motion Picture Scripts By Samuel Beckett, Eugène Ionesco, Harold Pinter), Film fu l’unico testo a vedere la luce e prendere forma.

Esse est percipi (“essere è essere percepiti”) è nel 1963, all’epoca della prima stesura, il principio filosofico berkeleyano che Beckett adotta come modello per la narrazione, ma che dalla seconda stesura cessa di costituire la morale dell’opera per diventare un semplice pretesto drammaturgico. Nelle indicazioni generali, Beckett scrive che: “Il tentativo di non essere, nella fuga da ogni percezione estranea, si vanifica di fronte all’ineluttabilità della percezione di sé”. Per essere rappresentato in questa situazione, il protagonista è scisso in oggetto (il percepito) e occhio (il percipiente), il primo in fuga, il secondo all’inseguimento. Per tutta la durata del film, l’occhio-macchina da presa osserva il protagonista-oggetto da dietro, da un’angolazione non eccedente i 45°; se si supera l’angolo, predomina “l’angoscia dell’essere percepito”.

La trama di questo film insolito, dominato dalle immagini, consiste nel tentativo dell’oggetto di sfuggire ad ogni percezione, tentativo destinato a fallire per l’impossibilità di liberarsi della percezione di sé.

Film è composto da tre sequenze: in quella iniziale il percepito fugge frettolosamente lungo una strada dritta, senza traverse, dove il protagonista urta una coppia che passeggia. Dopo un attimo di perplessità, l’uomo investito sta imprecare, ma la moglie glielo impedisce con un sonoro “sssh!” (questo è l’unico effetto acustico di tutto il film). Un istante dopo la macchina da presa fissa le due persone e sui loro volti compare un’espressione di terrore. Il percipiente riprende l’inseguimento.
La seconda sequenza si svolge nel pianerottolo del palazzo dove si rifugia l’oggetto, e la situazione è analoga alla precedente, solo che ora l’angoscia dell’essere percepito è avvertita da una malcapitata vecchina. Il protagonista approfitta della situazione e fugge su una rampa di scale, infilandosi in una stanza.
Nella terza sequenza, l’uomo è in un ambiente spoglio, i muri rovinati dall’umidità, occupato da quattro animali (un cane, un gatto, un pappagallo e un pesce) che fin dal primo istante fissano il loro sguardo sul nuovo entrato. Costui vede occhi ovunque (in una stampa attaccata al muro, nel poggiatesta della sedia a dondolo, in una busta) ed evita ogni superficie che possa riflettere la propria immagine. Dopo aver coperto e distrutto tutti i possibili occhi osservatori, l’uomo si mette a sedere e si addormenta, ma in seguito, quando le difese sono state abbassate, il percipiente supera l’angolo dei 45° e si sistema davanti al percepito. Questo si accorge di una presenza e si desta di soprassalto. Solo ora scorgiamo in faccia l’uomo seduto (un’ormai anziano Buster Keaton) e vediamo nella sua espressione lo stupore e il terrore di chi vede davanti a sé il proprio doppio.

Il film incontrò fin da subito diversi problemi di distribuzione. Nessuno era disposto a rischiare per un film così atipico, dove l’unico motivo di richiamo (la faccia di Keaton) veniva tenuta nascosta per quasi tutto il tempo. Ma nel 1965 il New York Film Festival organizzò una retrospettiva dedicata a Buster Keaton e uno dei curatori decise di proiettare anche Film. Fu una tragedia. Il pubblico in sala era costituito da fans dell’attore e non di Beckett, cosicché non reagì bene nel vedere (anzi, nel non-vedere) il proprio beniamino ridotto a semplice marionetta. Fortunatamente partecipò ad altri Festival ottenendo svariati riconoscimenti.

Trovo che oggi, a distanza di quarant’anni dalla prima proiezione, l’impatto visivo sia ancora sconvolgente. L’accostamento di un uomo di teatro al cinematografo, non assoggettato da settant’anni di estetica cinematografica, ha generato immagini nuove, indipendenti da ogni tendenza cinematografica. Alan Schneider, il regista “tecnico” del film, racconta di come Beckett, rigido nelle sue decisioni di regia, non si sia mai lasciato convincere dai consigli della troupe su come rendere cinematograficamente determinate situazioni, mantenendo un’idea della visione assolutamente personale.
Da rivedere.

PREMI E RICONOSCIMENTI

Festival cinematografico di Venezia, 1965: Diploma di Merito.
London Film Festival,1965: An Outstanding Film of the Year.
Oberhausen Film Festival, 1966: Preis der Kurtzfilmtage.
Tours Film Festival, 1966: Prix Spécial du Jury.

Gilberto Rosso

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