Lost in translation

di Sofia Coppola
Con Bill Murray, Scarlett Johansson

Dopo il sottovalutato e bellissimo “Virgin Suicide” S.Coppola si presenta alla seconda difficile prova come regista promettente con questo viaggio nel sol levante.

Bisogna necessariamente dimenticare lo stile e le atmosfere del primo film per non restare delusi da questa personale ed elegante opera seconda entrando così in un insonne Giappone, divertente e simpaticamente esagerato.

Alcuni hanno criticato l’eccessivo uso di luoghi comuni, come la pronuncia sbagliata o l’eccessiva cortesia, ma non ne ho visto in questo un eccessivo compiacimento.

I protagonisti si perdono nelle comunicazioni con gli stranieri, ma soprattutto nel comunicare con i propri amati, in teoria quelle persone con cui dovrebbe essere più facile.

Musiche straordinarie, con il leader dei My Bloody Valentine costretto ad una nuova produzione dopo il mille volte annunciato secondo album, gli immancabili parigini Air, un Bill Murray-Brian Ferry da sbellicarsi; una fotografia eterea, sospesa, omaggia la delicata tradizione orientale in contrasto con un chiassoso presente.

Persi nelle esotiche notti giapponesi, due età diverse, due generazioni unite da un’insonnia si aggirano tra locali sado-maso e party nippo-surfisti in piena ondata di emozioni californiane 70’s .

Nasce una diva, Scarlett Johansson, e vince agli Oscar una regista che [pur avendo / anche grazie > a un padre ingombrante] si impone con uno stile personalissimo e di grande qualità.

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