A LOVE SONG FOR BOBBY LONG
di Shainee Gabel
con John Travolta, Scharlett Johansson e Gabriel Macht
Nella calda estate di New Orleans, densa e umida di quiete, lungo il fiume
dove i battelli scivolano lenti , ci sono storie che chiedono di essere raccontate.
Storie che hanno il profumo del tabacco e del fumo di certi locali dove si suona il jazz e si consuma la notte nel fondo di un bicchiere di wisky, una di queste storie, quella di cui parla questo film è quella di una ragazza , il suo nome è Purslane, come quello di un fiore di campo che viene confuso troppe volte con un’erbaccia.
Quando seppe che sua madre era morta tornò nel posto dove era nata, un quartiere dimenticato di New Orleans, nella casa cadente che era diventata sua.
Ma quello che Pursy non sapeva è che qualcuno ci abitava ancora in quella casa, si trattava di due perdigiorno: Bobby Long, un vecchio professore innamorato della Letteratura e dell’alcool, scappato per qualche motivo dall’Alabama e Lawson Pines, il suo assistente che come un fedele amico o un allievo, lo aveva seguito.
Quei tre non ebbero grossi problemi a dividersi la casa, ma Bobby non riusciva proprio a mandare giù che Pursy vivesse lì, almeno quanto Pursy non riusciva a sopportare il modo in cui Bobby le dava continuamente contro.
Ma se Pursy era arrivata lì un motivo c’era, solo che ci volle un po’ prima di scoprirlo.
Toni amari e dolci si susseguono tra contrasti generazionali e conflitti di passati che non riescono a restare in silenzio, canzoni suonate per un coro di personaggi invisibili con il meraviglioso sfondo della New Orleans sconosciuta che porta la memoria di Tom Sawyer e le parole di Robert Frost.
Un impetuoso,vecchio o platinato, John Travolta conduce lo spettacolo in sregolatezza, forte d’amor letterario malinconico celebratore del viver alla giornata.
Strepitosa Scharlett nel suo esser semplicemente stupenda, bella senza dover muoversi, bravissima nel suo silenzioso interpretare, eccezionale nel mutare a poco a poco camaleontica senza che ce ne accorgiamo, con quella naturalezza che le regala luce.
Semplicemente una stella, non vorremmo mai smettere di guardarla.
Bravo anche Gabriel Mathc, non possiamo dimenticarlo, bravo come spalla e sicuro nell’evolvere un ruolo che gioca in una complessa lateralità, senza mai sottrarsi nè contrastare.
Possiam dispiacerci di un certo naufragare nel miele di un genere che per un buon tempo abbiam pensato non dovesse imboccare,ma laddove sceneggiatura e regia portano lo stesso nome e la storia si dilunga in sorprese già rivelate, il lieto fine è sempre in agguato, e anche stavolta.
Resta comunque un ottimo esordio per una regista con una gran ricchezza di sguardo.
Appagante.