IN AMERICA

il sogno che non c’era

di Jim Sheridan
con Samantha Morton,Paddy Considine e Djimon Hounsou

All’inizio sembra una vacanza , ma quando la famiglia irlandese, padre madre e due figliolette, arriva nella casa dell’ uomo che urla, un condominio di tossici e immigrati nella Manhattan senza torri, capiamo che a loro modo qualcosa hanno in mente.
Un pochino sembra un gioco, ma a guardarli fanno sul serio, nella Grande Mela ,così grande che ce n’è ancora per tutti, per tutti quelli che vivono un po’ per volta e che esprimono desideri che possono essere esauditi.
La storia , raccontata da una bambina che osserva il mondo attraverso la sua videocamera e in essa riguarda il film della vita, assume quei colori ben noti al sogno chiamato americano ma con qualcosa di differente nelle sue tinte, sul fondale di una New York dove sembra che i sogni servano a curare i grandi.
Insieme a lei il regista de “Il mio piede sinistro” e “Nel nome del padre”, già narratore provato da sentimenti non facili da esprimere, dipinge sulla tela a stelle e striscie una fiaba contemporanea in cui gli adulti trovano nel rimanere un po’incoscienti la forza di sottrarsi al dolore,senza mai ignorarlo, e tentano anche in questo modo di continuare a vivere.
Un po’ Disney un po’ Miracolo sulla 82’ strada, con qualche sfumatura da sit com , tempi azzeccati e vene drammatiche che si dipanano davanti alla prontezza d’ironia.
Piacevole e compiuto, memorabile la scena al Luna Park e assolutamente apprezzato l’omaggio ad E.T..
Un cast sconosciuto ma che a tratti riconosciamo si muove bene negli spazi e sulle frequenze di una famiglia che vuol essere tale, a metà tra la gioia di rinventarsi tutto e la fuga da cio’ che si è lasciato.
Bravissime le piccole interpreti capaci di sorriso e piene di consapevolezza infantile.
Toccante, anche se in un certo modo vorremmo definirlo melenso, masticato fino ad esaurirne lo zucchero, ma ci fermiamo dal farlo, quando ci accorgiamo che un bambino, la cui mancanza permea la storia di amarezza, è forse quell’aggiunta personale che abbiamo colto e che rende quello che stiamo guardando l’ultimo saluto a lui rivolto.

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