Zatoichi

(Zatôichi), Giappone 2003

Regia: Takeshi Kitano
Attori: Takeshi Kitano, Tadanobu Asano, Guadalcanal Taka, Akira Emoto, Michiyo Aguso, Daigoro Tachibana, Yuko Daike, Yui Natsukawa, Ittoku Kishibe, Saburo Ishikura
Soggetto: Kan Shimozawa
Sceneggiatura: Takeshi Kitano
Montaggio: Takeshi Kitano, Yoshinori Ota
Fotografia: Katsumi Yanagijima
Musiche: Keiichi Suzuki
Costumi: Kazuko Kurosawa
Scenografia: Norihiro Isoda
Distribuzione: Mikado

“Beat” Takeshi ritorna dopo il capolavoro Dolls (incredibilmente non premiato alla 59.ma mostra del Cinema di Venezia 2002) sugli schermi d’Italia e lo fa con un impatto notevole.
Dalla lettura delle cronache del 60° Festival di Venezia avevo immaginato un Kitano sottotono… sbagliavo.
Nel narrarci la storia del Samurai cieco realizza un “chambara” notevole, con pregiatissimi tocchi ironici, quasi demenziali (Shinkichi che decide di diventare un insegnante di combattimento e finisce per prendere solo bastonate in testa), che stanno perfettamente all’interno del film ed è proprio in questo che consiste il genio di Kitano. Vi immaginate contadini che ballano (un tip tap?) al ritmo di musica (scandita dalla pioggia) in un film di Sergio Leone? Beh, qui ci sono, è stanno perfettamente!
Quindi il Ronin, Hattori (il bravo Tadanobu Asano), che “al soldo” diventa guardia del corpo e killer, per aver il denaro utile a curare la moglie, la moglie stessa e i due fratelli assetati di vendetta ricoprono un ruolo drammatico che si sposa con le parti ironiche.
Kitano, nello sviluppo del film, mischia tutto: dramma, commedia e scene straordinarie di combattimento (arti tagliati, sangue) utilizzando una regia straordinaria con scenografie e costumi e fotografia dai cromatismi bellissimi, utilizzando le belle musiche di Heiichi Suzuki con suoni acustici, microsuoni e concreti (il suono della zappa e gli zappatori che seguono ritmicamente la musica!).
Sangue, pioggia, fango… Morte, risate, danze… Kitano ci narra un storia come solo lui sa fare, certo non c’è tutta la poesia di Dolls, ma comunque la poesia non manca, con un bellissimo finale che solamente una mente geniale poteva pensare.

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