CATERINA VA IN CITTA’
Di Paolo Virzi`
Il film tratta della storia di una ragazza di provincia, Caterina (Alice Teghil), che si trasferì in città con i genitori, la madre Agata (Margherita Buy) succube e annullata dalla personalità del padre (Sergio Castellitto) uomo frustrato e superbo, imparerà sulla sua pelle che nella metropoli la vita scorre veloce e che deve fare una scelta di schieramento che le condizionerà l’esistenza.
Il film è un viaggio scrutatore nelle tendenze dei giovani d’oggi; ben strutturato e piacevole alla visione. La trama è complessa, ma il regista è abile e sapiente nello scioglierla nel migliore dei modi, rendendola chiara e fluida sullo schermo. Straordinaria l’interpretazione di Margherita Buy nel ruolo di una madre succube che solo verso il finale riuscirà a prendersi le sue rivalse; sempre in maniera discreta, che quasi passano inosservate. Eccezionale anche Sergio Castellitto che svolge il suo ruolo, il più complesso, con serenità ed esperienza tanto che è imperscrutabile la sottile linea divisoria fra Attore e Personaggio.
Degna di nota è anche la performance di Caterina, Alice Teghel al suo esordio in un ruolo difficile perché impersonale. Tuttavia a tratti questa risulta troppo lineare, pallida anche dove non è richiesto. Infine va sottolineata la recitazione delle due ragazze che si contendono Caterina, Federica Sbrenna e Carolina Iaquaniello, a loro agio nei rispettivi ruoli.
Cast notevole per un film di medio\buono livello, complessivo di un “buco” probabilmente nel montaggio con un cambio scena non proprio impeccabile che da` luogo ad una perdita d’attenzione dello spettatore e di piccoli errori da parte del segretario di scena.
Il film metafora della vita dei giovani, stereotipati, pecca a mio parere proprio in questa volontà di esasperare e schematizzare i ruoli e i tratti dei personaggi. Misteriosa ed intrigante la figura del padre che pero` e` portato ad un eccesso di inasprimento che può annoiare lo spettatore per il rischio di centrare su di se’ l’attenzione allontanandosi dalla trama. Il metasignificato emerge e lascia i giovani spettatori ad una riflessione profonda, gli schieramenti politici influiscono sulla nostra vita in maniera cosi` grande ed incisiva? Siamo davvero cosi’ sicuri della divisione netta tra questi schieramenti? Giudichiamo le persone per le loro scelte politico-sociali escludendole a priori? I giovani d’oggi sono cosi’ pericolosamente ottusi nelle loro idee categoriche? Domande queste insolute dagli stessi giovani. La maturazione sociale dei ragazzi è sempre più precoce, anche se in questo mondo sempre più sono le caterine che nel vortice della vita non riescono a prendere una decisione, forse perché non si rendono conto di quanto li coinvolga la questione e restano succubi dei genitori o degli amici; oppure al di sopra di tutti vivono con ingenuità e spensieratezza la loro unica giovinezza. Quale delle due affermazioni sia quella corretta è impossibile da stabilire a priori, specialmente per me, giovane “Caterina” in cerca delle sue verità.
Spesso nel film ricorre la parola normalità ma mai ad essa viene data una spiegazione, viene solo giudicata sbagliata da ambedue gli schieramenti, che al di la` delle idee sono nei loro aspetti identici. Normalità non esiste, normalità è una contraddizione di partenza. Per riprendere il filo della critica, osserverei in ultima analisi l’ambientazione della scena, giusto che i ragazzi maturano presto, ma le medie sono francamente ancora mondo di innocenza, spensieratezza. Per l’analisi dei giovani fatta dal film significativa nella sua ilarità è la scena iniziale degli studenti totalmente disinteressati al mondo esterno ed alla maturazione personale. Concluderei affermando che il film è piacevole e curioso, insinua il dubbio e la riflessione nei e sui giovani; quindi obiettivo centrato in pieno per il regista ed il cast.
Martina Belgrado, 5° B