Il ritorno di Cagliostro

Regia: Franco Maresco , Daniele Ciprì
Sceneggiatura: Franco Maresco
Fotografia: Daniele Ciprì
Musiche: Salvatore Bonafede
Montaggio: Fabio Nunziata

cast
Vincent Cusumano> Franco Gaiezza
Erroll Douglas> Robert Englund
Carmelo La Marca> Luigi Maria Burruano
Cardinale Sucato/Pino Grisanti> Pietro Giordano

Cosa vuol dire avere il desiderio di realizzare i propri sogni e aver la possibilità di arrivarci senza sapere come ci si può arrivare? I Fratelli La Marca fanno questo, partono da una laboratorio in cui realizzano sculture, per approdare al cinema, senza sapere cosa voglia dire essere un produttore.
Ciprì e Maresco ci raccontano una storia in maniera molto divertente, legati al loro immaginario da cinicoTV, lo fanno con molti personaggi stravaganti (come faceva in maniera differente anche Fellini) e con un’ottima capacità di gestione della regia e dei mezzi, oserei dire.

Si, perché a dispetto di quello che immagino esser stato un budget basso e con una realizzazione che si è protratta negli anni, ci presentano un film con un aspetto per nulla povero. Capaci di guidare le camere, in atri dove ballano dei preti, con la giusta intenzione, seguendo i personaggi principali con la giusta attenzione per loro e per quelli che stanno intorno (anche se non si sa chi siano). Senza trascurare l’ottimo gusto per l’utilizzo delle musiche con degli swing un po’ alleniani.

Era tempo che non ridevo di gusto al cinema come nella prima metà di questo film (la scena a casa del Barone, per parlare di Cagliostro, mi ha quasi bloccato la mandibola) e nel ridere ho ricordato le risate che ormai diversi anni fa mi godevo guardando cinicoTV.
La storia racconta di questi due fratelli che trovando i finanziamenti (un po’ loschi) e cercano di metter su una fabbrica dei sogni cinematrografica (la Trinacria Cinematografica) senza sapere come si realizza un film e con dei collaboratori che non sono da meno a partire dal regista “maestro” del famoso “il ritorno di Cagliostro”.

Ad un certo punto il film si interrompe per far posto ad un personaggio lynchiano (a detta di tutti, ma non sono molto d’accordo) che, spostando le quinte, ci svela la vera storia, e qui tutto diviene un po’ troppo didascalico, si interrompe un po’ il passo del racconto, ma in un senso strano…
Non che la parte finale del film non sia bella, forse è che la prima avrebbe quasi fatto parlare di un capolavoro? O forse perché troppi elementi della prima versione della storia si accavallano alla tesi della parte finale, quella che sarebbe la vera storia, quasi senza un giustificato motivo? Per me si spezza un po’ il film senza arrivarmi un perché e lasciandomi con meno attenzione per la trama.

Certo è che il cinema di Ciprì e Maresco, con i suoi mitici personaggi/interpreti, alcuni arrivati direttamente da cinicoTV, e per questo immaginario grottesco costellato da queste figure (che alcuni spettatori patiscono) forse o lo si ama o lo si odia… io lo trovo poetico e forse proprio perché ignorante e povero per finta. In ogni caso bisogna dargli atto di un cinema unico, in particolare in un panorama come quello italiano, ma non solo.

Gregorio Caporale

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