SKINHEAD ATTITUDE

di DANIEL SCHWEIZER
sezione: Cinéastes du Présent

Skinhead Attitude è una storia del movimento skinhead, nato alla fine degli anni ’60 dalle stesse radici del punk, senza valenze politche, nato dall’incontro di un gruppo di giovani accomunati, come sempre accade, dal modo di vestire e dalla passione per una certa musica, in questo caso il reggae e lo ska.

Tutti i nostri preconcetti vengono sconvolti già dalle prime scene, quando il regista Daniel Schweizer intervista un anziano skinhead di colore, colui che ha composto “l’inno” del movimento. Seguiamo i movimenti di Karol, una “conservatrice antirazzista” francese che si sposta attraverso Europa e America di concerto in concerto. Vediamo giovani con teste rasate e il pugno sinistro alzato che hanno composto canzoni in onore di Carlo Giuliani, odiano i razzisti e si riuniscono sotto la sigla SHARP (SkinHead Against Racial Prejudice). Sono conservatori perché vogliono riportare il movimento alle sue origini, segnate appunto dalla passione per un certo tipo di musica. Vediamo la polizia tedesca attaccare il concerto di una band italiana che si sbraccia contro il fascismo.

Schweizer racconta anche l’altra parte, il Combat18, il braccio armato dei naziskin, o bonehead, negli USA e in Scandinavia. Scopriamo che la svolta nazista e violenta, il white power, è stata impressa al movimento da Ian Stuart, leader degli Skrewdriver, e dalle forze politiche di estrema destra. Involontariamente emerge l’assenza totale di q.i. di questa gente: un giovane nazi americano ammette che le identità dei membri del C18 (1 sta per la prima lettera dell’alfabeto, A, 8 per H, le iniziali di Hitler) sono segrete, per poi dichiarare, bandiera alla mano, che praticamente ognuno di loro ne fa parte.

Un documentario sconvolgente, emozionante. Il capitolo conclusivo di una trilogia iniziata da Schweizer nel 1998 con Skin or Die, e che riabilita un fenomeno vittima dei media e dei loro calderoni. Non si potrà fare a meno, usciti dal cinema, di guardarsi attorno per individuare teste rasate e bretelle e sentirsi sollevati dall’assenza di tatuaggi con svastiche.

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