LETTERE AL VENTO

Di Edmond Budina, con Edmond Budina e Yllka Mujo

L’obiettivo era (anche) raccontare la fine di un regime e i relativi cambiamenti della società. Ma il regista-sceneggiatore-interprete Budina decide di farlo attraverso la storia di un padre di famiglia, Niko, che si ritrova da stimato professore a venditore di banane al mercato. La moglie (Yllka Mujo) lo ama e appoggia il suo idealismo e la sua incapacità di adeguarsi alle regole del nuovo assetto sociale, dove con l’illegalità arrivano soldi facili, e dove con questi è possibile comprare anche la rispettabilità. Ed è quello che fa Goni, amico di infanzia già salvato dalla galera (e forse dalla condanna a morte) anni prima dallo stesso Niko, che grazie al suo peschereccio e alla sua “attività“ di scafista ha raggiunto un benessere fatto di alcool e belle donne. E lo stesso Goni ha avuto un ruolo importante nel destino di Mikel, il figlio di Niko partito mesi prima per cercare fortuna in Italia. Mikel manda alla famiglia lettere e soldi, ma non ha mai telefonato e non si è fatto trovare a casa quando un amico del padre ha provato a cercarlo. La preoccupazione vera e propria si insinua quando la figlia più piccola, Eda (Adele Budina) viene rapita a scuola per essere avviata alla prostituzione, e viene immediatamente rilasciata appena pronunciato il nome di Mikel. Chi è Mikel? Che cosa è diventato dopo lo sbarco? Sono tante le domande che il povero Niko, onesto fino al midollo, si pone sul “lavoro“ che il figlio ha trovato in Italia. L’unica cosa da fare è partire senza preavviso, viaggiando anche lui su una delle tanti navi di disperati.
Il film è intelligente, poetico e metaforico, con fuochi che scivolano lungo pareti di navi, e lettere “volanti“ che accompagnano le vicende. Ma non solo: è anche interessante l’idea di punteggiare ogni avvenimento con i sogni (premonitori?) del protagonista, permettendo così non solo bellissime soluzioni visive, ma anche un leggero e intrigante tocco surreale. Grazie anche a una fotografia che alterna il realismo di alcuni momenti agli accesi colori di altri. Certo, la rivelazione finale è tirata un po’ troppo per le lunghe, e la volontà di dare al film accenni da thriller stona con le intenzioni e la profondità del resto della pellicola. Che però si segnala sicuramente per una forte sincerità e una volontà anche civica di raccontare un paese allo sfascio.

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