Piovono mucche

di Luca Vendruscolo

Nell’anno europeo dedicato ai disabili, apertosi il 14 di febbraio, arriva questa interessante opera prima di Luca Vendruscolo, protagonisti obiettori e “ospiti“ di una comunità per portatori di handicap. La storia è quella di Matteo (Alessandro Tiberi), ragazzotto che, suo malgrado, viene affidato al centro Ismaele e che si ritrova a dover combattere quotidianamente con minorati fisici e mentali. Ma anche con altri ragazzi come lui, più o meno esperti, tra cui i due veterani Moretti (Luca Amorosino) e Mercalli (Mattia Torre, anche sceneggiatore), e l’idealista Corrado (Massimo de Lorenzo, altro sceneggiatore).
Un film coraggioso e ammirevole, soprattutto perché realizzato con la volontà di evitare a tutti i costi lo stereotipo classico del disabile, triste e pensieroso, o arrabbiato e difficile. Il merito più grande di Vendruscolo è stato infatti quello di voler presentare i cosiddetti “diversi“ come “persone“: persone con un proprio carattere e una propria voglia di vivere, antipatici o simpatici, da mandare a quel paese o con cui fare l’amore. “Persone“ nel senso più letterale della parola, ognuno con i propri difetti e i propri pregi. In questo senso è emblematico il personaggio di Renato (Marcello Serra): un ex criminale ora tetraplegico che riesce a essere pericoloso e inquietante anche senza l’uso di braccia e gambe. E la cui volontà di autodistruzione (droghe leggere e pesanti) non può essere fermata dagli obiettori.
La storia è, in parte, autobiografica: Vendruscolo ha davvero fatto l’obiettore di coscienza in una comunità (quella di Capodarco a Roma), e questa esperienza gli ha tanto cambiato la vita da decidere di farci un film e di chiamare alcuni dei veri “ospiti“ del centro a fare gli attori. E proprio loro vengono trattati con enorme affetto dal regista e sceneggiatore, che evita il facile sentimentalismo e restituisce loro l’umanità che tanti altri film “in tema“ hanno, a volte, calpestato.
E ci riesce con l’arma della commedia: perché grazie a una bella sceneggiatura (premiata con il Solinas), divertente e ricca di spunti, l’ironia diventa un modo per esorcizzare la paura e i pregiudizi. Certo, alcune scene (e la loro posizione all’inizio del film) sembrano un po’ furbette: Alex che non riesce a trattenersi per andare al bagno e il catetere da infilare a Franco sono due sequenze disturbanti che paiono avere la funzione di avvertire lo spettatore che non si trova davanti al solito film sui disabili.
Ma è proprio il personaggio di Franco, interpretato da Franco Ravera, che alla fine rimane più nella memoria: triste ma mai patetico, un omone grande grande da pulire e accudire, che si procura un lento suicidio con le arance e la frutta (micidiali per la sua ulcera, di cui nessuno è a conoscenza). Un bel personaggio e una bellissima interpretazione, che permette, tra una risata e l’altra, di lasciare un forte sapore di amaro in bocca.

Nelle sale dal 28 marzo.

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