Il ladro di orchidee – Adaptation
di Spike Jonze
La seconda opera di Spike Jonze non è che una conferma dell’intelligenza di questo giovane regista e del suo sceneggiatore, Charlie Kaufman. Del resto, dello sceneggiatore è pure un inno, un’autocelebrazione condotta attraverso l’apparente negazione di ogni qualità umana del protagonista-creatore.
Come in ‘Essere John Malkovich’ (con il quale si incastra cronologicamente: ci vengono mostrati momenti delle riprese di quel film, momenti di assoluta comicità che presentano il protagonista nel suo ruolo di uomo fuori-luogo) anche qui si gioca sul cinema, in modo assai più esplicito: la storia narra del travaglio interiore attraversato dallo stesso Kaufman (interpretato da un bravissimo Nicolas Cage) nel tentativo di adattare per il cinema un mediocre libro sulle orchidee scritto da una mediocre giornalista (Meryl Streep). Tentativo che risulterà fallimentare, in un certo senso, costringendo Kaufman a decidere di narrare proprio delle peripezie attraversate per scrivere il film. Un esempio da manuale di meta-cinema, anzi, di meta-meta-cinema, una serie di scatole cinesi (ma più che di scatole cinesi bisognerebbe parlare di specchi contrapposti, e pensare a ‘I Ragazzi venuti dal Brasile’ e all’infinito riflesso del giovane Hitler davanti all’ingresso di casa) grazie alle quali vediamo sullo schermo Kaufman descrivere se stesso nell’atto di scrivere la storia che prende vita davanti ai nostri occhi.
Esilarante il rapporto tra Charlie e suo fratello gemello Donald (la sceneggiatura è firmata da entrambi, se non che Donald non è mai esistito): il primo, artista sofferente, timido, mosso dal desiderio di creare un’opera d’arte, mentre il secondo, che non conosce nemmeno la differenza tra prologo ed epilogo, scrive un thriller dei più comuni vendendolo immediatamente e diventando uno sceneggiatore ‘quotato’; e questo grazie al fatto di aver seguito un seminario di un famoso sceneggiatore. Seminario che si svolge davanti ai nostri occhi, in un altro riflesso da specchi contrapposti di cui questo film è un manifesto.
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Beppe