La morte corre sul fiume

Charles Laughton, 1955

di Flavia Gotta

All’interno di una rassegna come il Torino Film Festival che presenta il meglio della produzione cinematografica contemporanea di livello internazionale, fa piacere trovare in programmazione un classico del cinema americano risalente al 1955: La morte corre sul fiume. Una gradita sorpresa per gli amanti del genere noir, qui rappresentato da un diabolico Robert Mitchum nelle vesti di un pastore più dedito all’omicidio di ricche vedove che alla redenzione di anime perse. Vittime del cacciatore di dote sono John e Pearl, una coppia di deliziosi fratellini che custodiscono i 10.000 dollari lasciati dal padre rapinatore prima di essere arrestato e condannato all’impiccagione. Come nella migliore tradizione noir, il bottino viene nascosto nel posto più impensabile proprio perché sotto gli occhi di tutti, dentro la bambola che Pearl porta sempre con sé.
Il tema non convenzionale di un rappresentante della Chiesa che da la caccia a due bambini ha creato non pochi problemi alla pellicola, che solo ultimamente è stata rivaluta e riconosciuta come un indiscusso capolavoro di stile. All’epoca dell’uscita nelle sale, la tiepida accoglienza del pubblico ha frenato l’ispirazione registica di Charles Laughton, tanto che La morte corre sul fiume rimane il suo primo e unico lungometraggio. Un vero peccato per un talento che nella sua opera prima è riuscito a condensare suspence e tensione narrativa con una fotografia magica e visionaria, capace di rendere perfettamente il punto di vista e gli stati d’animo dei due bambini. La fuga di John e Pearl avviene via fiume, grazie all’aiuto di una piccola imbarcazione e alla collaborazione dell’ambiente circostante: la corrente dell’acqua, la flora fluviale, gli animali incontrati sul cammino, il cielo stellato, l’atmosfera silenziosa e rarefatta…tutto sembra accompagnare il loro tragitto e vegliare sul lieto fine della storia. Una caritatevole Mary Poppins, unico personaggio adulto caratterizzato in modo positivo, accoglierà i due sventurati, nel frattempo rimasti orfani anche di madre, dando loro un tetto e un focolare intorno a cui trovare finalmente un po’ di calore e di affetto.

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