PAZ!

Bologna, durante gli anni del “movimento”: Zanardi, Fiabeschi e Pentothal vivono nella stessa casa ma non si conoscono neppure. Zanardi, con la collaborazione degli amici Petrilli e Colasanti, crocifigge il gatto della preside della scuola in cui studia (studia?) e poi cerca di far sparire le prove a suo carico; Fiabeschi, universitario spiantato mantenuto dalla sua ragazza, si presenta ad un esame di semiotica e cerca di imbastire un discorso logico su “Apocalipsi Nau, regia di Francis Ford Coppola, con musiche dei Doors” e poi, bocciato, vaga alla ricerca disperata di una canna; Pentothal, disegnatore in crisi dopo essere stato mollato dalla sua donna, cerca di trovare un posto tutto suo all’interno del movimento o, in alternativa, nella vita. Dopo un’intera giornata
passata girando a vuoto, per i tre ne comincerà un’altra, plausibilmente non troppo dissimile da quella appena trascorsa.

Scritto (dal regista De Maria in collaborazione con Ivan Cotroneo e Francesco Piccolo),diretto e musicato (la colonna sonora, filologicamente corretta, è stata curata da Riccardo Sinigallia e Gino Castaldo, e contiene pezzi degli Area, degli Skiantos, di Dalla e dei CCCP) da quelli che in quegli anni vivevano e studiavano nella Bologna dei fuori sede, “Paz!” vuole essere un omaggio delicatissimo, sentito e struggente, ad uno dei più grandi disegnatori (e poeti, e scrittori) che il nostro paese abbia mai avuto, quell’Andrea Pazienza sciaguratamente morto a soli 32 anni, il 16 giugno del 1988.

Involontaria coscienza di quegli anni, Andrea si portava sulle spalle e poi riversava sulle sue meravigliose e lucidissime tavole, con la sua sensibilità scorticata e urticante, la disperazione, il senso di sradicamento, l’accidia, l’abulia,
la confusa voglia di fare di una generazione piena di proponimenti ora splendidi ora controversi ora detestabili. Andrea, proprio come Pentothal, sicuramente il suo personaggio più autobiografico, faceva parte del movimento, ma era troppo intelligente per indossare i paraocchi, e tentava allora di portarne a galla le contraddizioni per dinamitarle e farle deflagare, per poi ripartire da un altro punto, per andare oltre, ancora un po’ più in là. Poi Andrea è morto.

Il film di De Maria ha la sola grossa pecca di rimuovere gli elementi più controversi, autodistruttivi e nichilisti presenti in tante storie di Pazienza (ad esempio dal film è assente l’eroina, triste punto di approdo per molte giovani vite di allora), e di concentrarsi su troppe situazioni da commedia
all’italiana, producendo anche momenti esilaranti, ma un po’ troppo facili e scontati. Il regista punta lo sguardo sul versante fankazzista grazie alla straordinaria prestazione di Max Mazzotta nel ruolo di Enrico Fiabeschi, e fa salva la cattiveria mostrando le gesta del mefistofelico duo Zanardi-Colasanti, ma perde in profondità e in complessità, lasciando fuori campo la disperazione e l’avvilimento.

Ma “Paz!” è un film da andare a vedere, da amare e a cui affezionarsi, perché è coraggioso, perché è lontano chilometri dai film carini e ben pettinati che affliggono troppa
produzione nostrana odierna, perché sfoggia uno stile nervoso, ellittico ed espressionista che coglie nel segno (anche grazie all’ottimo lavoro di montaggio svolto da Jacopo Quadri e Letizia Caudullo), e infine perché rende più attuali che mai le opere di un ragazzo geniale e di cui si sente enormemente la mancanza.

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