Un Monde Agité

Alain Fleischer su “Un Monde Agité”
Pesaro 24/06/2002

La colla dei miei film è la curiosità e il non rinunciare mai niente.

Ho cominciato con la sperimentazione perché non ho studiato cinema, ero un “amatore”.

Il produttore di Brassen ha visto una mia opera e mi ha prodotto delle fiction, ma il mio mondo era l’arte.
Video arte, documentari su artisti, film su musei, architetti.

Il cinema francese è narrativo perché influenzato dal pensiero di Bazin, con la complicità dei Cahiers du Cinema che hanno ucciso la sperimentazione.

Il mio found footage è basato sulla velocità, sul montaggio e sul linguaggio, e non sulla nostalgia.

Fa vedere come già allora (1910/20 ndr) c’era l’ossessione per il movimento.

Ho visto 300 film dimenticati, giustamente, che il Centro Cinematografico Francese ha voluto omaggiare con questo corto che li riassume.

Come film completi sono obiettivamente improgrammabili allora mi hanno chiesto di dargli nuova vita.

In ognuno di questi film c’è tuttavia un invenzione o una scelta di montaggio innovativa che li rende preziosi; anche per la mia natura di semiologo è stata un’esperienza interessante .

Non è stato un lavoro nostalgico ma ho lavorato come se avessi montato un mio girato di 90 anni fa.

Col mio montaggio ciò che aveva un taglio narrativo diventa documentario.

Nel 68 ho destrutturato anche un mio film.

Per me un film di Godard degli anni 60 è più importante per la Parigi che ci mostra che per la storia.

Il suono è la metà del cinema, i suoni rifilmano l’immagine. E’ difficile mettere le parole nel corpo di altre persone. Il montaggio del suono è completamente diverso da quello delle immagini: deve essere un continuo e non conta la regola “fermare il film per continuare” che vale per le immagini.

Quindi i miei film o sono muti o c’è un lavoro sul suono, non sui dialoghi.

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