THE BELIEVER
Anno: 2001
Nazione: Stati Uniti
Durata: 98′
Regia: Henry Bean
Con: Ryan Gosling, Summer Phoenix, Theresa Russell e Billy Zane
Danny Balint, un ragazzo ebreo insofferente ai precetti religiosi che gli sono stati inculcati da bambino, abbraccia l’antisemitismo e l’ideologia nazista. Circondantosi di altri personaggi moralmente abietti che solleticano la sua vanità e le sue indubbie capacità dialettiche, inizia un vero e proprio viaggio verso l’autodistruzione e la negazione delle proprie radici, ma alla fine forse troverà la forza di espiare i suoi peccati.
Scritto e diretto da un regista esordiente (ma già sceneggiatore di vaglia) e vincitore del Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival, “The Believer” è uno dei film più inquietanti visti di recente nelle sale cinematografiche. Potente come “American History X” (pur senza ricalcarne le orme né l’eccessivo didascalismo), girato con uno sguardo giustamente (e terribilmente) impassibile che può far venire in mente l’altrettanto agghiacciante “Henry pioggia di sangue” di Mc Naughton, il film propone una fenomenologia del neonazismo tanto più aberrante se si considera che il ragazzo protagonista non è un becero e idiota skinhead (come gli amici di cui si circonda), ma un finissimo conoscitore della Torah e degli altri testi sacri della tradizione ebraica e possiede, quando esprime le sue scellerate teorie, il potere di incantare i suoi interlocutori come il più navigato degli uomini politici.
Nauseato ma anche innamorato di quella religione che sembra proporgli un’inaccettabile etica della rinuncia, Danny erra disperato cercando un impossibile punto di contatto tra l’Amore e l’Odio (entrambi vissuti concettualmente in maniera stremante) e dallo schermo trasuda in modo impressionante questa lacerante contraddizione umana, che spinge il personaggio verso il punto di non ritorno della schizofrenia o del gesto clamoroso.
Non privo di difetti né di metafore eccessivamente plateali, l’opera prima di Bean rinuncia a qualsiasi forma di buonismo o di tregua nei confronti dello spettatore a vantaggio di un’oggettività di stile davvero radicale che però non si trasforma mai in cinismo, ma che risulta essere il modo migliore per raccontare una storia sconcertante, insinuante e con un sapore di verità che mette veramente i brividi.