BETTY LOVE
Una giovane cameriera con la fissa per la soap opera “A Reason To Live” (una via di mezzo tra E.R. e General Hospital) assiste all’esecuzione del marito, rivenditore di auto nonché (all’insaputa della moglie) fedifrago e trafficante di droga, brutalmente ucciso da due killer scalcinati e improbabili. Da quel momento la ragazza, in preda allo shock, si convince di essere la fidanzata del protagonista della sua telenovela preferita e, senza avvisare nessuno, parte in direzione di Los Angeles per incontrare quello che lei pensa essere il vero amore della sua vita. Ma Betty non sa di avere alle calcagna i killer del marito i quali, seppure a malincuore, vogliono definitivamente metterla a tacere.
Neil LaBute abbandona il cinismo e la misoginia delle sue due opere precedenti (“Nella società degli uomini”, “Amici & Vicini”), riconferma la sua abilità nella direzione degli attori e mette in scena una commedia al cui fascino è facile cedere. Se il meccanismo narrativo appare un po’ troppo schematico e “studiato” (e la satira sul potere di Nostra Signora Televisione è di grana un po’ grossa) , e se certi eccessi pulp potevano francamente essere accantonati (l’uccisione del marito con tanto di asportazione dello scalpo o i dialoghi demenziali durante la sparatoria finale), “Betty Love” è comunque uno di quei film, sempre più rari, che lascia allo spettatore il tempo di affezionarsi ai personaggi (impossibile non provare simpatia per il personaggio di Morgan Freeman, killer innamorato e sull’orlo del pensionamento) e che contiene perfino, cosa ancora più infrequente, qualche momento di emozione autentica, specialmente grazie all’interpretazione partecipe di una bravissima Renée Zellweger (vincitrice del Golden Globe proprio per questo ruolo).
Una domanda finale: il titolo originale del film è “Nurse Betty”, la distribuzione italiana avrebbe potuto lasciarlo in originale oppure tradurlo in modo letterale, invece ha scelto una terza via, cioè lasciare il titolo in inglese ma eliminando il “nurse” a favore di un “love” che non vuol dire assolutamente nulla, considerato che non si tratta del cognome della protagonista. Perché tutto ciò?