IL SIGNORE DEGLI ANELLI: LA COMPAGNIA DELL’ANELLO
Tratto dal primo dei tre volumi che compongono il mastodontico capolavoro fantasy tolkeniano (seguiranno, a distanza di un anno l’uno dall’altro, “Le Due Torri” e “Il Ritorno del Re”). Bisogna subito riconoscere al film un merito non da poco, cioè quello di non deludere le attese che una martellante campagna promozionale aveva fatto gonfiare a regola d’arte. Jackson lavora da Tolkien e su Tolkien, rispetta lo spirito dell’opera e ne sposa l’ideale cavalleresco, ma si prende qualche licenza (la storia d’amore fra Arwen e Aragorn, la soppressione di un personaggio amabile come Tom Bombadil) che, se forse farà imbestialire qualche fan integralista, ne dimostra comunque la personalità, al contrario di quello che è successo invece con l’imbalsamata versione cinematografica di Harry Potter (ma, vivaddio, Columbus non è Jackson e soprattutto la Rowling non è Tolkien).
Le quasi tre ore di proiezione trascorrono così in un lampo, e lo spettatore lascia vagare lo sguardo da un punto all’altro dello schermo, smanioso di non lasciarsi sfuggire nessuna tra le meraviglie visive reali (gli splendidi scenari naturali della Nuova Zelanda) e quelle digitali, partecipando e soffrendo come un bambino impotente davanti al precipitare degli eventi, trascinato in un mondo a metà strada tra il barbarico e l’idilliaco, tra un’imprecisata epoca barbarica e un Eden a portata di cavallo. Probabilmente le scene di battaglia potevano essere girate e montate con maggior lucidità (non si pretende il modello Kurosawa, ma almeno “Braveheart”!), forse il tono dell’operazione risulta essere troppo serioso e sussiegoso (ma è proprio così anche nella pagina scritta, d’altronde con il Male Assoluto c’è ben poco da scherzare) e mancano quelle parentesi umoristiche che, ad esempio in “Star Wars”, erano garantite dai due robot, ma in tanti momenti la potenza visiva del regista, accoppiata alle suggestive musiche di Howard Shore, tocca le corde della vera Epica, quella che si accontenta di far leva sui sentimenti primordiali per irretire lo spettatore (o il lettore) e precipitarlo in un universo che questi, altrimenti, non avrebbe mai avuto la possibilità di scoprire.
In un cast praticamente perfetto, la palma del migliore va all’immenso Christopher Lee (l’unico attore ad avere conosciuto personalmente Tolkien) nel luciferino ruolo di Saruman il Bianco.