HARRY POTTER E LA PIETRA FILOSOFALE
In questi giorni la pellicola su Harry Potter sta scatenando dibattiti accesissimi e spesso ridicoli: c’è chi accusa il film di istigare i bambini a compiere azioni pericolose (tipo gettarsi dal decimo piano a cavallo di una scopa), chi ha paura di un ritorno dell’oscurantismo e delle pratiche magiche, chi addirittura accusa di nazismo la creatrice dell’insopportabile moccioso (perché la filosofia dei romanzi sarebbe: se sei un mago vali qualcosa, in caso contrario sei una pippa).
Sull’onda lunga di questo dibattito decido di andare a vedere un film che avevo scartato a priori, vuoi perché il genere fantasy non mi appassiona particolarmente, vuoi perché il nome del regista (Chris Columbus, un tempo sceneggiatore di vaglia, in seguito sciagurato artefice del successo effimero di Macaulay Culkin) mi faceva temere il peggio, vuoi perché il bambino scelto per impersonare il “simpatico” maghetto l’ho subito odiato dopo il primo trailer. Premesso che non avevo mai letto un libro della Rowling, lo spettacolo a cui ho assistito mi ha lasciato con una domanda: valeva la pena scatenare tutto questo casino per una baggianata del genere?
Due interminabili ore e mezza di un film insopportabilmente accademico, tronfio, inamidato, privo di qualsivoglia fascino (di magia neanche a parlarne), in cui attori dal nobilissimo passato (Richard Harris, Maggie Smith, Ian Hart, Alan Rickman!) recitano con fiero cipiglio battute di rara stupidità. Spreco di effetti digitali di grande perfezione per un film ad encefalogramma irrimediabilmente piatto, in cui i ragazzini protagonisti (li avranno scelti apposta tanto insignificanti?) sono stereotipati fino all’insopportabilità (Harry Potter è, naturalmente, lo sfigato di talento, il suo amico con i capelli rossi è il pasticcione pauroso che alla fine si riscatta, la bambina è la classica saputella petulante).
Lo sceneggiatore Steve Kloves è uno dei migliori sulla piazza (“I Favolosi Baker”, il recente “Wonder Boys”), si presume allora che il difetto stia o nei libri della scrittrice o nella scelta di un regista anodino come Columbus. Se potessi dare dei consigli alla produzione proporrei innanzitutto di cacciare a scudisciate l’invadente Rowling (anche Kubrick aveva tradito Stephen King quando ha diretto “Shining”!), e poi di sostituire a tutti i costi il regista, magari assoldando un tipo dallo sguardo più visionario tipo Alex Proyas o Richard Stanley, così i bambini continuerebbero a divertirsi e gli adulti non dovrebbero patire le pene dell’inferno per restare svegli.
Ma con tutti i soldi che ha fatto e continuerà a fare questo dannato film, volete che a qualcuno venga davvero in mente di cambiare qualcosa?