APOCALYPSE NOW – REDUX

di Francis Ford Coppola
con Martin Sheen, Marlon Brando, Robert Duvall, Dennis
Hopper, Laurence Fishburne

Torna uno dei film più importanti della storia del cinema, in un’edizione nuova, reintegrata di alcuni episodi esclusi dal montaggio originale.

La storia, è noto, nasce da “Cuore di tenebra” di Conrad. Siamo in Vietnam: il capitano Willard (Sheen), psicologicamente a pezzi e dedito all’alcol, viene incaricato dai suoi superiori di rintracciare il colonnello Kurtz (Brando), ex ufficiale modello dell’esercito americano, attualmente nascosto da qualche parte in Cambogia alla guida di un esercito personale di fanatici e venerato come un dio pagano. Kurtz è una scheggia imapazzita, agisce secondo una sua logica personale e “insana”, va fermato. Bisogna “porre fine al suo comando”.

Un motivo, già validissimo, per andare a vedere questo film, è la possibilità di goderselo sul grande
schermo. “Apocalypse Now” è un capolavoro perché è uno di quei pochi film che riescono a spingere al massimo
tutte le risorse espressive, emozionali, spettacolari del mezzo cinematografico. “Apocalypse Now” è cinema puro, come possono esserlo “La corazzata Potemkin”, “Napoleone” di Gance, “2001: odissea nello spazio”: film complessi e affascinanti, potenti e profondi, ambigui, discutibili e discussi (perché c’è qualcosa di cui discutere). E’ una dimostrazione di come le scene d’azione spettacolari possano non essere vacue ed infantili, di come diventino un motivo di forza in più, quando si ha veramente qualcosa da dire (ecco perché un minuto di “Apocalypse Now” vale mille volte di più di tre ore di “Titanic”). Film di grande impatto visivo, sonoro e concettuale, difficile da dimenticare, con una splendida fotografia di Vittorio Storaro.

E le sequenze aggiunte? Riguardano alcuni interessanti episodi relativi al colonnello surfista Kilgore (Duvall), un secondo, drammatico e crudo incontro con le conigliette di “Playboy” e una sosta in una piantagione di coloni francesi. Storaro ha dichiarato che, così, il film gli pare più completo, il viaggio di Willard più ricco, lo stesso Willard arriva al villaggio di Kurtz più maturo, e noi con lui. E’ indubbiamente vero; anche se, forse, la sequenza
nella piantagione (la sequenza più politica, in cui trova spazio il tema importante della colonizzazione francese del Vietnam) è un po’ troppo lunga, e rischia di allentare un po’ la tensione del racconto, e l’equilibrio del film. Si tratta, effettivamente, di un passaggio importante del viaggio all’inferno di Willard, che aggiunge elementi a ciò che dirà poi Kurtz, quando dimostrerà quanto sia paradossale giudicare “folli” i suoi metodi in un contesto (il Vietnam, la guerra, le guerre) privo di ogni lucidità. La guerra è ferocia, violenza, pazzia, orrore: e insopportabili sono gli espedienti con cui i responsabili di tale orrore credono di lavarsi la coscienza. Willard lo ha già capito, quando spara a sangue freddo alla giovane vietnamita ferita, unica sopravvissuta di una strage inutile. Citando dal film, “Accusare qualcuno di omicidio in Vietnam è come mettersi a fare multe per eccesso di velocità ad Indianapolis”. Kurtz è feroce e violento come l’esercito che lo vuole morto, soltanto lo è senza maschere, senza propagande, senza la TV a fornire versioni ufficiali, senza edulcoranti, senza giustificazioni. Il tema, quindi, è più che mai attuale. Come capita solo ai grandi film, “Apocalypse Now” non rischia di invecchiare. (Qualcuno si ricorda la trama di “Pearl Harbor”?)

Piccolo PS: attenti! Il finale è stato leggermente modificato…

Domenico Zàzzara

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