BLOW

Tratto dalla storia vera di George Jung, un tranquillo ragazzo del Massachusetts diventato prima ricco spacciando erba, poi miliardario importando cocaina negli Stati Uniti per conto di Pablo Escobar. Nel mezzo: il suo rapporto con Barbara, la sua prima ragazza morta giovanissima di cancro, gli scontri con la madre, che provvederà anche a farlo arrestare, fino all’incontro fatale con i colombiani di Escobar e con Mirtha, la donna che diventerà sua moglie. Tradito dai suoi migliori amici e rinchiuso in carcere, Jung, come ci avverte una didascalia alla fine del film, dovrà restare in carcere fino al 2015.

Scritto dal figlio di John Cassavetes, Nick, in collaborazione con David McKenna e diretto dal nipote di Jonathan Demme, Blow rimanda, nella costruzione narrativa, nel connubio fra musica e immagini oltre che nei temi, ai film di Scorsese e di Paul Thomas Anderson, senza avere quel magico intreccio di ethos e pathos che caratterizzano le storie di ascesa e caduta dell’italoamericano, né l’energia creativa e l’abilità di scrittura del giovane Anderson. Il film possiede un innegabile ritmo ed è diretto con classe e con mano sicura ma, nonostante gli sforzi dell’ottimo Depp, rimane l’ impressione di un’opera fredda e troppo costruita, soprattutto troppo ispirata a dei modelli (di cui sopra) non facilmente raggiungibili. In un ottimo cast, spicca la presenza del povero Paul Reubens, ex Pee Wee Herman, che cerca faticosamente di ritrovare un nuovo spazio nell’America puritana dopo la “scandalo” in cui era incappato qualche tempo fa.

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