QUELQUE CHOSE D’ORGANIQUE

di Bertrand Bonello
Francia/Canada 1998
35 mm., 90 min.
con Romane Bohringer, Laurent Lucas, Charlotte Laurier, David Disalvio

Il film più bello visto in concorso a Pesaro, appassionato, tragico, un
film sull’amore assoluto che non lascia respiro e si risolve in tutto o in
niente…

Romane Bohringer, piccola attrice culto di un’intera generazione dopo Les
Nuites Fauves (1992), testamento di Cyril Collard…

Paul e Marguerite si amano da cinque anni. Il loro amore è organico,
viscerale e forte, continuamente oscillante fra reale e assoluto, assoluto e
tragico…

Sottile e misterioso nelle atmosfere improvvisamente cangianti, dotato di
una scrittura impeccabile, Quelque Chose d’Organique trascina lo spettatore
in un moderno incubo metropolitano che non ha riscontri nella nuova
generazione.

Bertrand Bonello: Brani scelti

Innanzitutto un titolo:
Quelque Chose d’Organique
poi una città:
Montréal.
In seguito è venuta la voglia di fare un
dramma senza un grido e senza una lacrima.
Già scrivendo la prima scena, era evidente
che sarebbe stato un film fatto di gesti.
Visibili o invisibili

Ho tentato di fare un film giusto. Senza cercare né la bellezza
né l’intelligenza, ma solo la giustezza. E questa giustezza non
necessariamente passa per il realismo, ma
per la sensazione.
Per questo, bisognava enormemente sfoltire e sgombrare il film
da ogni psicologia.
Grazie al lavoro di Laurent e Romane, alla
loro generosità e al loro rinunciare a se
stessi abbiamo potuto creare Paul e
Marguerite.

Insieme a Josée Deshaies, direttrice della fotografia, abbiamo cercato
di sbarazzarci di ogni folclore, di affrontare le cose, di lottare contro
la fuga in avanti
o la paura del vuoto e di creare in tal modo una tensione sessuale.
Spesso non guardavo neanche gli attori.
Li ascoltavo soltanto. Quando la voce
era giusta, anche il resto lo era.

Le scatole di Paul

“Proteggo della gente che è più
forte di me perché non ha
nessuna consapevolezza delle cose”.

Paul è un immigrato nordamericano.
Ne ha il modo di essere. Vuole
ricostruire e controllare tutto.
Divide gli individui e le cose
e mette tutto in scatole. Si mette in
condizione di doversi far carico degli
altri (suo padre, Marguerite, suo
figlio). Vuole e assume le sue responsabilità.
Da questo punto di vista è irreprensibile.
E’ una cosa di cui è convinto. E’ così che trova
una sua collocazione. Lavora di notte e in
qualche modo gli fa comodo. Così mantiene
il distacco e non si confronta con il quotidiano.

La logica di Marguerite

“Paul pensava che mi annoiassi.
Ma io non ho bisogno
di essere divertita”.

Marguerite avanza allo scoperto.
Non ci sono secondi fini nelle sue
azioni. E’ incapace di perversione
e noi non siamo abituati ad
avere a che fare con persone
come lei.
In base ad una logica istintiva, l’amore
le interessa solo se le si impone.
Se è evidente, quindi organico.
Quando improvvisamente ha la certezza
che un giorno non amerà più Paul,
l’amore non ha più alcun interesse…
anche se lo ama ancora.
Paul è inserito in un quotidiano, è
nelle ripetizione delle cose.
Contrariamente a Marguerite la cui
traiettoria è romanzesca e prende
in prestito alla tragedia un senso della
purezza e della morale.
Ed evidentemente un senso del destino.

…Per me Paul è quello che si è e Marguerite quello che si vorrebbe
essere…

Cosimo Santoro, dal catalogo della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema
di Pesaro.

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