Amore e morte a Long island

(Love and death on Long Island)

Un film di Richard Kwietniowski
scritto da Richard Kwietniowski e Gilbert Adair
con John Hurt, Jason Priestley, Fiona Loewi
prodotto da BBC, Mikado Films, Telefilm Canada…

Strani davvero i rapporti tra il cinema e le altre arti. Da cent’anni a questa parte gli “adattamenti” hanno sempre rappresentato un settore importante dell’esperienza cinematografica, a partire dalle novelle di Verga fino alle sanguinarie e religiose tavole di Spawn. Eppure adattare non è solamente rendere plausibile sullo schermo qualcosa che nasce per essere letto sulla carta stampata. Lo stesso termine risulta per la sua stessa natura qualcosa che implica una restrizione, una limitazione. Penso a Kubrick e al suo Lolita, forse l’unico film nella storia del cinema ad essere in grado di tenere testa al romanzo da cui è stato tratto. Ecco: Kubrick non ha adattato, ha interpretato, ma soprattutto ha potenziato e fatto esplodere (anzichè limitare) tutto il già di per sè enorme potere emotivo e sensoriale del romanzo. Dunque non ha tolto, non ha “ridotto”, ma ha accentuato con le immagini il valore delle parole – sentimento di Nabokov.

Dunque l’adattamento è un’arma a doppio taglio: molto rischioso, ma anche capace di dar vita ad un ottimo film, interessante e ricco di spunti anche se distante dalla sua origine letteraria. Proprio come mi sembra questo Amore e morte a Long Island. Ho detto distante dalla sua origine letteraria, anche se è necessario porre una distinzione: l’evidente somiglianza tematica con La morte a Venezia è in realtà frutto di un ulteriore passaggio, quello dell’omonimo romanzo da quale il film è tratto, che si rifà in qualche modo al suo più celebre predecessore. Come in Lolita, anche qui abbiamo un personaggio principale che ci guida all’interno della propria mente, dei propri desideri, della propria esistenza giustificandosi in modo convincente alla luce del suo essere persona “al di fuori del normale”: come Humbert Humbert, il protagonista – narratore di questo amore e morte è un intellettuale (addirittura scrittore) europeo, per di più inglese, per di più di stampo classico, in viaggio in America, vicenda che dà luogo ad equivoci divertenti e “leggeri”. E’ forse questo il maggiore pregio del film: mantenere il tono di una storia tragica sempre vicino a quello della commedia, creando così quella sensazione di leggerezza che contribuisce (proprio come in Lolita) ad eliminare la naturale avversione dello spettatore per il diverso, il bizzarro, il fuori – dai – canoni. Inutile dire che la sceneggiatura, buona per molti versi ma in qualche punto migliorabile, trova il suo vero appoggio nella perfetta e splendida interpretazione di John Hurt (protagonista e caratterista in moltissimi film, ma famoso soprattutto per il suo ruolo di Elephant man lynchiano), affiancato dal volto tristemente noto in Italia per le sue peripezie televisive di Jason Priestley. Peraltro è forse la sua notorietà in fatto di serial televisivi a rendere convincente questo giovane attore, praticamente nella parte di se stesso, anche se costretto ad un ruolo marginale essendo tutta la vicenda incentrata sulla mente del protagonista inglese.
Qualche pecca in sceneggiatura, dicevamo: quella più lampante è proprio l’emarginazione totale del co – protagonista ad oggetto di riflessione e di amore da parte del personaggio principale. Una maggiore caratterizzazione del personaggio di Ronnie Bostok, forse, avrebbe contribuito a rendere più profonda la descrizione dei sentimenti, delle attrazioni, dei rapporti che rimane invece in superficie. Tuttavia il potere conturbante della storia che vene raccontata fa sì che questo film, sebbene non completamente riuscito e non definibile un “capolavoro”, si dimostri interessante e fuori dagli schemi, cosa che vorremmo cedere di più in questi ultimi tempi.

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