HAPPY TOGETHER

di WONG KAR WAY

Intenso e cruento, Il nuovo lavoro di Wong Kar Way trasuda sessualità e desolazione da tutti i pori. Si racconta di un rapporto difficile, che lo diventa ancor di più quando si devono affrontare da zero un paese straniero e tutte le spinose problematiche connesse all ‘immigrazione (pur trattandosi di una immigrazione quanto meno insolita: da un paese più ricco ad uno più povero): problemi di lavoro, di soldi, ma anche nostalgia per la piopria terra e la propria cultura (ed effettivamente uno dei due protagonisti nota come Hong Kong e Buenos Aires si trovino esattamente agli antipodi con conseguente spaesamento generale. Ancor più quando si lascia un vecchio amore e si viene lasciati. Un rapporto particolare, teso dove tutto pian piano naufraga nel sospetto, nel rancore, in uno pseudo-odio distruttivo ed autodistruttivo. E qui la mano di Kar Way é davvero sapiente, perché tratteggia con maestria la psicologia e la psicopatologia dei personaggi: l’uno più sensibile, più buono, più sincero nei confronti di se stesso e degli altri ,semplicemente più maturo; 1 ‘altro, invece, approfittatore, opportunista, sfacciato, narciso, semplicemente più debole. “Happy together”, a dispetto dì un titolo alla Herbert Ross, é un film che trasmette una certa dose di tristezza e pessimismo, tristezza che sembra non lasciare via di scampo, che sembra durare da qui all’eternità (anche se potrà essere magicamente scaricata giù da un faro particolare, l’ultimo faro americano prima del Polo Sud; ovviamente per chi ci crede). Sostanzialmente é l’amore che consuma se stesso e chi lo agisce. La recitazione é assolutamente convincente: i due attori sono perfettamente calati nella parte, perfettamente si amano, perfettamente si odiano. Ma quel che é veramente geniale é la fotografia: primi piani, zooms così convinti che sembrano non fermarsi mai per andare a sprofondare nella pelle e poi nelle viscere delle cose, inquadrature fatte dalle angolazioni più strane ( come quella a testa in giù raso terra), immagini che si fermano un istante come per sottolineare il momento, alternarsi di bianco/nero e colore come per dare più volume alla dimensione narrativa ed a quella emozionale. Volutamente squallidi gli interni, soprattutto quelli che si riferiscono all’abitazione della coppia, cosa che, osando un parallelismo neanche troppo azzardato, potrebbe rimandare allo speculare squallore dello spazio relazionale in cui i due amanti si muovono. Il tutto sottolineato dal ritmo del tango: passionali note che uniscono corpi piegati e stancati dal passato caricandoli di effimero presente.

Rossana Pecorara

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