Garage Olimpo

di Marco Bechis
Italia, Francia, Argentina 1999
L’aereo vola sopra Buenos Aires, di notte, all’alba.
Maria, la bravissima Antonella Costa, è una militante che insegna a leggere e a scrivere nelle favelas. Felix, un pensionante di sua madre, la tradisce. Lei viene incarcerata nel Garage Olimpo, uno dei 365 moderni campi di concentramento presenti negli anni 70 in Argentina nei quali furono sterminate 30.000 persone. Il dolore della completa estraneazione di Maria si prolunga inutilmente a causa dell’innamoramento e della protezione che Felix, ora suo carceriere, le dà. L’amore dell’uomo per la donna la pone in una spirale di speranza e depressione che si allunga nel tempo fermo del sotterraneo che ospita i priginieri e le camere di tortura, gli uffici e gli svaghi.
L’occhio corre sulle banalità del quotidiano della prigionia, dove i carcerieri giocano a ping pong e alcuni detenuti scalzi cambiano le lampadine. I mostri timbrano il cartellino e talvolta non rispettano le tabelle del dosaggio dei volt a seconda del peso della vittima.
La speranza della sopravvivenza della prigioniera diventa il suo incubo, il suo completo annullamento, si fonde con il suo stesso desiderio di morte.
Al suo secondo film Bechis, che fu a sua volta un desaparecido, con didascalismo ed orrore, ma collegando la politica a rivoli di poesia con percorso intimo, ci racconta lo sguardo assorto di un’Argentina che non piange, ma vede il proprio terrore e ricorda la propria vergogna con impotenza. La descrizione dei carcerieri, dei loro attrezzi di tortura portati nelle valige, delle loro mogli e dei loro amori, ci ricordano che i mostri sono fra noi, rendicontandoci, quasi a renderci responsabili, l’impossibilità di non ripetersi di una tale aberrazione. Essa è condotta da persone come noi, da noi stessi, dal nostro non voler vedere, dal il nostro cinismo frenetico.
La bellissima, straziante scena finale mostra ancora il volo dell’aereo sul Mar De La Plata, mentre sia apre il portellone… il carico verrà scaricato in mare, perché scompaia (desaparezca), vivo!

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