Il cane dell’ortolano
Un film di Pilàr Mirò
con Emma Suarez, Carmelo Gomez
I pettegolezzi che corrono tra gli intellettuali (veri o meno) del cinema dicono che la defunta signora Pilàr Mirò, a dispetto del celebre cognome, non era niente di buono. Pare che fosse – cito tra virgolette – “una specie di Pontecorvo spagnola”, ovvero una intrallazzata con il potere, già ministro della cultura o qualcosa del genere, una che per tutta la vita ha goduto dei finanziamenti statali e delle coproduzioni europee.
Che i pettegolezzi siano fondati o meno, bisogna dire che se il cinema spagnolo funziona come quello italiano l’impressione che deriva da questo film è in effetti quella dell’opera di un’amica dei potenti: mega produzione privata – statale – comunità europea, adattamento da Lope de Vega addirittura in versi, costumi e scenografie pazzesche, insomma un classico esempio di quel nuovo filone cinematografico che ha preso piede negli ultimi anni e che potremmo chiamare impropriamente “la megaproduzione europea”. E’ un film apprezzabile per i soldi spesi, visto che i costumi sono ottimi, le scenografie ben curate (ma il merito è anche della scelta delle stupende locations, tutte in Portogallo tra Sintra e i paesi a nord di Lisbona). Ma è un film che convince poco per la scelta del tema, decisamente poco interessante, per il modo in cui è trattato, troppo banale nel suo esagerato classicismo, e per la scelta degli attori che, nonostante la bellezza di Emma Suarez, non convincono affatto perchè non sanno caratterizzare i personaggi che interpretano.
Ancora una volta, gli americani spendono tanto e incassano tanto, gli europei spendono tanto e incassano niente.
Chiunque abbia un minimo di senno, a metà film inizierebbe a domandarsi a che punto Michael Madsen arriverà per liberarsi di Carmelo Gomez con un coltello a serramanico e una tanica di benzina…