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Due immigrati provenienti dall’Europa dell’Est arrivano negli Usa per saldare un conto con un connazionale che li aveva traditi facendoli finire in prigione. Poi, interpretando un po’ liberamente il mito del Sogno Americano, decidono di fare fortuna uccidendo chiunque gli capiti a tiro e riprendendo gli omicidi con una telecamera, con l’idea di vendere in seguito i filmati al responsabile di un programma scandalistico molto seguito. Si mettono sulle loro tracce un detective adorato dai media (De Niro) e un giovane vigile del fuoco dalla brillante carriera (Burns).
Partendo dalla famosa profezia di Andy Warhol secondo cui, in futuro, a tutti toccheranno almeno quindici minuti di celebrità, il regista John Herzfeld 8anche sceneggiatore) ci propina l’ennesima parabola sul potere e sull’invadenza dei media, ma lo fa senza inventare niente di nuovo né dal punto di vista stilistico, né da quello narrativo (naturalmente, alla fine del film, l’aitante eroe sferrerà il fatidico pugno in faccia al cinico giornalista senza scrupoli), cadendo nelle secche di uno schematismo irritante e quasi insopportabile. Tutti gli intenti di denuncia sono talmente sottolineati e messi in bella evidenza da perdere irrimediabilmente forza e il film appare sfocato, didascalico e confuso. De Niro, che comunque si limita a qualche smorfia delle sue, ha evidentemente bisogno di soldi, mentre il giovane Burns è espressivo come un carciofo bollito. Niente male invece i due cattivissimi immigrati (Karel Roden e Oleg Taktarov), ai quali va tutta la simpatia dello spettatore deluso.