SCOPRENDO FORRESTER

Come si diventa geni? La risposta arriva “leggendo” fra le righe della storia. Dal Bronx emerge un ragazzo come tanti, Jamal, che nella sua intimità divora libri e scrive dettato dalle emozioni. Una genialità che non è nata dal caso ma dalla sua volontà; si esprime quando è lui che decide di farlo, quando non deve dimostrare a nessuno le sue competenze, quando vuole confermare a se stesso quanto ha nel profondo. L’unico modo per farsi accettare dal suo ambiente è il basket, un gioco in cui esprime comunque creatività ed energia; in fondo Jamal usa la palla come usa le parole. Ma il basket per lui è anche qualcos’altro: è un mezzo per mantenersi gli studi, per intrufolarsi nel sistema di un’istruzione che non lo forma affatto ma che è da vivere come un punto di partenza. Tutto quello che non gli da il liceo glielo da lo scrittore solitario Forrester. Un incontro non proprio casuale che gli rivelerà nuove opportunità di esprimersi. Si instaura un rapporto affettivo che supera l’età, supera le convenzioni, supera le gerarchie sociali. Tutto si svolge nell’appartamento di Forrester dove i muri sono libri, dove le parole sono lo strumento dell’anima, dove le regole del mondo scompaiono lasciando il corpo e la mente di Jamal liberi di essere. L’asociale scrittore diventa una lente di ingrandimento per gli ardori e le passioni che l’adolescente vive con irrequietezza e sofferenza; Forrester gli insegna la potenza della responsabilità, il coraggio di affermare la propria diversità come chiave per vincere l’imperativo di omologarsi. Jamal capisce che non si deve avere il terrore della solitudine, che in fondo si sceglie sempre e che vale la pena aspettare una vita intera per trovare un amico vero e sincero. Chi non ci fa una bella figura sono le donne; ondeggiano fra la voglia di riconoscimento sociale e la paura di imporre proprie decisioni (il caso di Claire, spasimante di Jamal), che vengono a letto con te se hai scritto un libro di successo anche se brutto (come dice Forrester), che ti aprono il loro cuore se fai loro un regalo inaspettato in un momento inaspettato (lo afferma ancora Forrester). Forse non è la verità assoluta ma una parte di vero c’è (ci tengo a dire che chi scrive è di sesso femminile!). Anche il mondo subisce grandi critiche; l’individualità conquistata è la sola via verso la saggezza e la conoscenza. La società viene spiegata attraverso piccole ma grandi metafore; Forrester, ad esempio, si infila i calzini a rovescio (dice che sono mal congegnati visto che le cuciture stanno all’interno e fanno male ai piedi). La massa preferisce darsi un’identità attraverso le cose che possiede perché l’introspezione è troppo faticosa (vedi il proprietario della BMW che vive quasi esclusivamente per essa). “La vita non funziona mai” afferma Forrester, ed io aggiungo, se ti fai gestire dagli altri. Il film non va preso come un inno all’asocialità; penso, al contrario, che cerchi di dare un input forte al recupero della parola e delle sensazioni. Ci sono troppe parole dette senza senso e pronunciate come automatismi convenzionali (unica via di espressione per insegnanti che non hanno imparato nulla). E’ un grido forte per risvegliare coscienze dimenticate ed isolate (più solitarie dello stesso Forrester), per recuperare ciò che di più prezioso l’uomo ha inventato: la parola.

Caroginger
caromag@tiscalinet.it

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