Nueve Reinas

Il premio alla sceneggiatura del XVI Festival del Cinema Latino Americano di Trieste per Nueve Reinas, ricorda il percorso di produzione del film di Belinsky, nato proprio da un premio alla miglior sceneggiatura in un concorso bandito dalla casa di produzione Patagonik Film Group in Argentina, nel 1998.
La storia costruisce uno strabiliante intrigo giocato sul tema del trucco e dell’inganno. Due incalliti truffatori si incontrano a Buenos Aires, si fanno soci per un giorno, e avviano una girandola di raggiri ed imbrogli sempre più sofisticati. Ad un certo punto si presenta l’occasione della vita, la possibilità di vendere ad un miliardario spagnolo una contraffazione di una serie di francobolli rarissimi, le Nueve Reinas (Nove Regine) della Repubblica di Weimer. Attraverso una serie di peripezie ai limiti dell’incredibile e ostacoli superati con superba genialità l’affare va in porto, ma al più giovane della coppia sorge il dubbio sull’irrealtà di tutto quanto è accaduto…
Sembra d’obbligo il riferimento a La casa dei giochi di David Mamet, e i richiami possono essere molti per un film che si basa anche su regole di genere e su una tematica già quasi classica: Il bidone, di Fellini, La stangata di George Roy Hill, oppure il più recente Pacco doppiopacco e contropaccotto di Nanni Loy. A proposito di quest’ultimo c’è una coincidenza suggestiva in Nueve Reinas, nascosta nel reiterato riferimento alla canzone di Rita Pavone Il ballo del mattone, che funge anche da sigla di chiusura. “Il mattone” è infatti la popolare truffa napoletana, descritta nel film di Loy, che consiste nel sostituire all’ultimo momento la merce venduta al malcapitato cliente con un mattone, appunto. Un ponte tra Napoli e Buenos Aires, una parentela tra micro-mondi della truffa che il titolo della canzone evoca segretamente. Infine, a concludere con i riferimenti, per la perizia narrativa mostrata dall’esordiente Belinsky, che si è fatto le ossa in più di un decennio di lavoro nella pubblicità, la critica argentina lo ha paragonato all’Aristarain degli anni ’70, maestro nell’arte del racconto filmico.
Nueve Reinas riprende il gioco di specchi del teatro nel teatro, della messa in scena interna alla diegesi, con il suo caratteristico e affascinante effetto di confusione tra realtà e finzione, e lo fa in un modo talmente efficace (corroborato anche dall’ambientazione in un albergo extra-lusso della seconda parte del film), che il dubbio di irrealtà suggerito da uno dei personaggi trasporta lo spettatore in una dimensione quasi metafisica, che ci ricorda la profondità del gioco nel gioco (di virtuale nel virtuale) di un film per altro così diverso come Existenze di David Cronemberg.
Ma, parallelamente, lo sguardo sulla Buenos Aires contemporanea mantiene un tono realistico che fa emergere, pur nell’artificiosità ed eccezionalità della storia, la vita quotidiana del sotto mondo di truffatori e picari moderni che la popolano. Sono figure di un certo fascino per lo spettatore, perché la loro attività si basa sull’ingegno e non sulla violenza, il repertorio dei trucchi costituisce una vera e propria tradizione, e inoltre perché hanno anche un codice etico (infatti il truffatore truffato è anche quello che trasgredisce ogni regola morale). Tuttavia, la loro massiccia presenza nella realtà urbana può anche fungere da indicatore del livello di crisi economica in cui versa attualmente il paese.

Alessandro Rocco
rokkoale@yahoo.com

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