MARIANNA UCRIA

E IL CINEMA AMERICANO
Grande dispiegamento di forze: costumi da oscar, fotografia eccezionale, attori validi. Eppure manca qualcosa. Manca qualcosa dietro al film. Manca qualcosa nella sceneggiatura. Il fatto è che una storia così delicata, affrontata così profondamente da una grande scrittrice come Dacia Maraini, tende un po’ a disgregarsi e a perdersi per strada tra le inquadrature classiche di Roberto Faenza. Il regista ci tiene a sottolineare, dopo la proiezione del film, che lui concepisce la sceneggiatura come un qualcosa di totalmente estraneo al romanzo, e dunque per questo ha scelto di non rimanere fedele al testo originario, sostenuto anche dalla benedizione della stessa signora Maraini che ha seguito la nascita del film con affetto e impegno. Resta il fatto che c’è un abisso tra la produzione di stampo sempre più americaneggiante e il testo, sicuramente un po’ povero. Non tutto, però, è da criticare. La produzione mastodontica, così come quella di Nirvana, sembra un tentativo di avvicinarsi al tipo di gestione americano, cosa che non giudico affatto negativa. Insomma: indipendentemente dalla storia, che può essere splendida o raccapricciante, non è malvagia l’idea di sfruttare un po’ di più i miliardi del caro Cecchi Gori… Resta un problema: noi italiani siamo fondamentalmente un popolo di conservatori. Tra di noi ci sono ancora troppe persone convinte che il cinema americano sia schifoso e commerciale, e che il nostro cinema sia pura arte. Naturalmente ognuno è libero di pensare ciò che vuole, ma la mia idea è che il cinema americano, nel suo essere commerciale, faccia girare tanti di quei miliardi da far sì che ogni dieci film schifosi venga fuori un capolavoro, e che ogni dieci vecchiacci venga fuori un giovane in gamba. Tutto ciò non può succedere da noi, perché la nostra pura arte non riempirà mai le sale. Per ottenere la pura arte, nel cinema, servono i miliardi. E Salvatores questo lo ha capito, facendo Nirvana, così come faenza, al di là dei problemi di sceneggiatura, ha capito che coinvolgendo diversi produttori avrebbe avuto molti più soldi per i costumi, per la produzione, per gli attori. Dunque, a quel signore che alla prima di Marianna Ucria si lamentava del fatto che non riusciamo ad arginare l’invasione americana, rispondo che gli americani non vogliono invaderci e non sono i cattivi. Gli americani sono i furbi, e noi dovremmo cercare di imparare da loro, rinunciando per una volta a rifugiarci nella nostra arte e nel nostro passato mitico.

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