SCREAM 2
Non lo si può certo definire un horror. Lo si può definire un thriller, ma con qualche riserva. Forse la definizione migliore sarebbe “un thriller insolito”. Sì, perchè non si tratta di un semplice sequel, ma piuttosto della parodia di un sequel: se Scream era la parodia di un film horror, ma pur sempre una parodia dagli alti contenuti thriller, Scream 2 si allontana sempre più dal genere per avvicinarsi ad una più generica presa in giro del numero due, in certi punti ai limiti del demenziale. E per questo, se come thriller fa acqua da tutte le parti, è veramente riuscito se lo si guarda come film demenziale: folli colpi di scena che smorzano la tensione capovolgendola nel ridicolo, scene sanguinarie più grottesche che terrificanti, amori impossibili, insomma tutto quello che in un film horror non dovrebbe esserci. Ma si tratta, chiaramente, di ingredienti ben definiti e voluti da chi lo ha realizzato. Accanto all’elemento parodico, infatti, spiccano inconfondibili le note autoriali che hanno fatto di Wes Craven un regista assolutamente particolare e del primo Scream un film riuscito e unico nel suo genere (genere peraltro ancora tutto da definire…): citazioni e autocitazioni, polemiche velate ma più spesso decisamente esplicite nei confronti della società americana e soprattutto nei confronti di quella fetta di società mondiale che si è sempre opposta all’horror, grande maestria registica. Chi ama davvero il cinema non potrà non apprezzare i primi dieci minuti di film, tutti giocati sul rapporto film – spettatore e sul complesso legame tra realtà e finzione, in una scena tra il pirandelliano e il surreale in cui in un cinema gremito di fans in delirio viene proiettato l’equivalente riga per riga di Scream, ovvero il film tratto dalle vicende accadute nel “nostro” primo episodio. In sostanza, Craven si allontana dall’horror classico non solo per prenderlo in giro, ma anche e soprattutto per creare qualcosa di diverso.