Ritorno a casa
Gilbert Valence, un anziano attore, ha appena finito di recitare un testo di Ionesco. Il pubblico lo applaude ammirato, lui torna più volte sul palcoscenico per ringraziare. Dietro le quinte lo aspettano però delle persone per comunicargli la notizia terribile di un incidente d’auto nel quale sono morti sua moglie, sua figlia e il genero. Ritroviamo l’uomo qualche tempo dopo alle prese nell’ordine: con il nipotino affidatogli dopo la morte della madre, con il suo agente che vuole convincerlo ad accettare una parte in un violento serial televisivo (offerta orgogliosamente rifiutata), e con un regista cinematografico che lo vorrebbe nella parte di Buck Mulligan per una riduzione dell’Ulisse di Joyce. Alla fine, proprio sul set di Ulisse, stanco e imbarazzato per la difficoltà ad imparare le battute in inglese, volterà le spalle a tutti e tornerà a casa dal nipote.
Presentato in concorso al Festival di Cannes 2001, l’ultimo film di de Oliveira è un’opera così ricca di spunti da mettere in crisi ogni capacità di sintesi. E’ un tributo all’arte di un attore immenso come Michel Piccoli, ma anche una riflessione sulla vecchiaia, sul lutto e sulla vita che continua nonostante tutto. E’ un richiamo alle facoltà percettive dello spettatore, di cui sollecita a volte l’udito, a volte la vista, e spesso entrambi i sensi insieme. Qualcuno potrà preferire altre opere dell’ultranovantenne maestro portoghese (personalmente trovo più riuscito “Viaggio all’inizio del mondo”), ma è impossibile non inchinarsi davanti alla sua assoluta libertà di sguardo (come nell’ormai famosa scena al bistrot, in cui una conversazione tra Piccoli e il suo agente è ripresa inquadrando soltanto le scarpe nuove dell’attore) o la freschezza delle sue gag (Gerard truccato da giovanotto irlandese con tanto di baffi finti davanti ad uno specchio, o lo stesso Gerard ripreso al bar a leggere “Liberation” regolarmente sostituito al tavolino da un accanito lettore di “Le Figaro”). Cinema non riconciliato, che non piacerà a tutti, ma che ha tantissimo da dire e lo dice in modo sublime.