Shrek
Shrek è un orco solitario e scorbutico che vive nella sua palude. La sua unica aspirazione è quella di restare solo e tranquillo a godere delle sue numerose flatulenze senza essere disturbato da anima viva. Ma quando una notte si troverà la casa invasa da un centinaio di personaggi provenienti dalle fiabe (tra cui un buffissimo Pinocchio) allora, per ritrovare la sua serenità, dovrà scendere a patti con il ripugnante Lord Farquaad, il quale acconsentirà a liberare la palude soltanto se Shrek accetterà di salvare per lui la canonica (in apparenza) principessa tenuta prigioniera dall’altrettanto canonico (ancora in apparenza) drago.
Presentato in concorso all’ultimo Festival di Cannes, prodotto dalla Dreamworks e diretto da Andrew Adamson e Vicky Jenson, Shrek è un film di animazione digitalizzata assolutamente godibile. Pieno di ritmo, di invenzioni visive, di gag spiazzanti e politicamente scorrette, risulta uno spettacolo spesso esilarante sia per gli adulti che per i bambini, soprattutto quando decide di ribaltare gli stereotipi che caratterizzano da sempre i personaggi delle fiabe. Grazie a questa scelta narrativa alquanto spregiudicata, ci imbattiamo in un principe tutt’altro che azzurro e fisicamente sgradevole che, per pura vigliaccheria, delega ad un orco il compito di salvare la sua principessa, la quale principessa, a sua volta, si impegnerà in una gara di rutti con il suo salvatore e combatterà i nemici come faceva Carrie-Anne Moss in Matrix. Fortunatamente lontano da triti moralismi disneyani, Shrek pare ad un certo punto volere comunicare il messaggio (alquanto usurato) secondo cui non bisogna giudicare le persone dall’aspetto esteriore ma amarle (o odiarle) per quello che hanno dentro. Eppure alla fine anche questo presunto messaggio si tinge di ambiguità, tant’è che la principessa si innamora del suo orco ma solo perché, vittima di un incantesimo, anche lei è per metà un orco, dunque può condividere senza eccessivi traumi abitudini e usi del suo verde innamorato. Momenti irresistibili: i titoli di testa con la presentazione del protagonista, la sequenza ad episodi sulle note di Hallelujah di Cohen (cantata però da John Cale), e il balletto finale con tutti i personaggi delle fiabe scatenati in un vorticoso numero musicale.