PRESSZO (ESPRESSO)

di Tamas Sas
Ungheria, 1998
105 min., 35 mm.

Un’opera prima in concorso, una delle due proposte ungheresi al Bergamo Film Meeting (l’altra è Gangzsterfilm, dell’ormai consolidato autore Gyorgy Szomjas, a cui il festival di Bergamo ha dedicato una retrospettiva nel 1985). Il regista Tamas Sas, noto come direttore della fotografia, propone un
vero e proprio esercizio di stile. Nella scena iniziale un dolly piove dai tetti di Budapest fino alla via in cui il titolare di un bar sta aprendo il suo esercizio. Da questo momento la macchina da presa si inchioda nel locale e ci mostra episodi di vita di un variopinto gruppo di clienti nel
corso di un giorno, poi di mesi, fino ad un anno intero.

Sono molto amiche e pensano di non avere niente da nascondersi Anna, Bori e Dori, le tre protagoniste intorno a cui si snodano pettegolezzi e drammi, tradimenti ed episodi di vera e propria violenza (fino ad un omicidio finale). Le tre si contendono l’amore un donnaiolo senza sentimenti che le
metterà l’una contro l’altra, anche se alla fine sarà l’amicizia tra le tre a prevalere e il giovane sarà costretto a scomparire. Dietro le tre amiche si muovono una serie di personaggi che alternano la loro presenza nel bar a quella delle protagoniste. Sono mariti gelosi, anziane donne generose,
mafiosi tutti legati in qualche modo alla figura del proprietario, che in questo modo diventa l’unico legame di tutti le vicende che si susseguono all’interno del bar, che sono anche il punto di partenza, lo spunto di riflessioni che potrebbero fatte sulla nuova Ungheria (è lui che apre il bar
nella scena iniziale, ed è lui che lo chiude in quella finale, un gesto meccanico, abitudinario che idealmente è stato compiuto all’inizio e alla fine di ogni giornata narrata nel film) .
Dalle dichiarazioni d’amore, alle discussioni tra le tre amiche, dai tormenti di gelosia alle richieste di
tangenti, fino alla festa di fine anno che coinvolge tutti i personaggi, il film fa affidamento all’immobilità della macchina da presa e si concentra esclusivamente su dialoghi a tratti esilaranti, in grado di richiamare l’attenzione laddove la fissità della macchina da presa rischi un po’ di
impedire un po’ una fluidità visiva a volte necessaria; molto bravi tutti gli attori, se non lo fossero stati sinceramente il film non avrebbe retto.

Cosimo Santoro

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