Petites

, di Noémie Lvovsky, Francia, 1998, 35 mm.
con Magalie Woch, Ingrid Molinier, Julie-Marie Parmentier, Camille Rousselet

Arriva dalla Francia una proposta irruente e raffinata. Ce la propone Noèmie Lvovsky, già autrice del bel mediometraggio Dis moi oui, Dis moi non (1990), premiato a Cannes nella sezione Perspectives du Cinéma Français e co-sceneggiatrice di Un coeur Fantome (1994) di Philippe Garrel.
Petites è un lavoro sugli attori, innanzi tutto. Il film non è costruito su un récit prestabilito, ma sembra scomporsi in una
serie di frammenti che accompagnano una consapevolezza del personaggio da parte degli attori che si fa sempre più
forte. Il lavoro con gli attori risulta essere qui fondamentale. La Lvovsky permette agli interpreti di abituarsi al loro
personaggio, di discuterlo sequenza dopo sequenza, a costo di creare incongruenze nella storia, e anche di cambiarlo fino ad ottenerne il carattere definitivo. In Petites il principio della messa in scena cede il passo a quella della messa in tempo. Col procedere del tempo filmico le singole scene, i frammenti, si ritrovano dopo essere state separate prove di personaggi in costruzione e costituiscono questo forte ritratto di quattro adolescenti provenienti da diverse condizioni sociali che fanno dell’amicizia un valore insostituibile e che le renderà inseparabili

Petites è un incontro di solitudini giustapposte…

Petites è uno sguardo sull’adolescenza che non può non avere in Truffaut un modello. L’integrazione e il bisogno di
essere compresi che costituiscono il nodo principale intorno a cui ruota la vita di un adolescente, trovano nel film un
momento di analisi condotta tramite la commedia (il burlesque), ma anche tramite uno sguardo che è sentimentale e che rappresenta in modo eccellente anche i momenti difficili delle protagoniste, quelli legati alla vicende personali (la partenza della madre di Emilie, Valeria Bruni Tedeschi; la morte del cane di Stella).
Le piccole ragazze ne combinano di tutti i colori. Sono stravaganti, sognatrici e si innamorano ognuna del ragazzo
sbagliato, scelto tra i “grandi” per dimostrare qualcosa a se stesse. Cercano disperatamente la possibilità concreta di non essere più considerate delle bambine, ma delle donne. La complicità che si stabilisce tra le quattro, in un mondo che ancora non è pronto per loro, e verso il quale loro non sono pronte, diventa sempre più forte, è la stessa complicità che si forma fuori dal set, e sul set si vede. Il risultato, ancora una volta, di un attento studio del personaggio delle quattro,
condotta con maestria dalla Lvovsky.
In un film dalla struttura così libera, è difficile trovare, anche se del tutto superfluo, una coerenza discorsiva. Le
sequenze sono slegate e non c’è un ritmo garantito. La storia è qui nel suo divenire. Tutto è lecito e difficile da
prevedere. Quasi impossibile (i momenti sono rari) trovare un montaggio predominante o una coerenza musicale. La varietà comprende i Rolling Stones, adatti al momento di ambientazione del film, seconda metà anni Settanta, e anche Chostakovitch, che sembra più una scelta di gusto personale, un accompagnamento che si fa riflessione, che un elemento di effettiva funzionalità alla storia, ma anche questo aspetto è totalmente secondario rispetto ale intenzioni del film, che risulta essere un piccolo saggio di studio e di scrittura del personaggio e che ha quasi un effetto esplosivo, dovuto alla straordinaria capacità delle sue piccole interpreti.

I costumi sono strepitosi….!!!

Petites, come After Life, merita un premio…

Cosimo Santoro

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