Parvaz-e Zanbur
, di Jasmed Usmonov, Min Biong Hun, Tadjikistan, 1998, 35 mm.
con Muhammadjon Shodi, Mastura Ortik, Taghoymurod Rozik, Fakhiriddin Fakhiriddin
Altro film che segna l’esordio alla regia di due ex studenti. Usmonov e Biong Hun provengono infatti dal VGIK di
Mosca, tappa obbligatoria nella storia del cinema russo.
Parvaz-e Zanbur (The Flight of the Bee) è un film povero, un low-budjet, girato in condizioni estreme, con il suono in
mono e le immagini da documentario in bianco e nero, con un virato seppia che ci riporta alle vecchie produzioni del
cinema sovietico sulla guerra e sulla povertà.
La guerra civile in Tadjikistan non sembra però quì minimamente intaccare lo svolgimento di una storia che invece vuole solo insegnare i valori della semplicità e del rispetto.
Lontano assolutamente da qualsiasi descrizione realista, il film si dichiara sin da subito come fiaba. La storia di un
maestro, l’eroe, uomo con un forte senso di giustizia, a confronto con un vicino molto ricco e prepotente che ha
costruito il bagno nelle vicinanze del muro che separa le due case. L’insegnante cerca inutilmente giustizia andando dal sindaco che gli farfuglia qualcosa sulla proprietà privata (dietro la scrivania del sindaco, sulla parete, sorride ancora una grande foto di Lenin). Per vendicarsi l’insegnante decide di aquistare la casa vicina a quella del sindaco e di costruire a
sua volta un bagno sulla linea di confine che separa le due case. Finché, dopo molti tentativi fatti dal sindaco (leciti e
illeciti), l’insegnante abbandona il suo ostinato progetto, perché scopre che in fondo alla buca scavata c’è dell’acqua,
come qualcosa che nasce daccapo, e questo lo ricongiunge alla sua famiglia, oltre che a fargli abbandonare per sempre l’idea di una qualsiasi vendetta.
E’ un film semplice, piano, con una conduzione narrativa senza sbalzi e tutta incentrata nella rappresentazione di questa metafora etica che non tocca mai il tema della guerra civile pur spiegandone le cause più profonde, innanzi tutto la fusione tra il vecchio sistema burocratico e i nuovi elementi criminali contro cui la società riesce a reagire solo emozionalmente, non avendo la possibilità di poterlo fare politicamente.
La fiaba si affide ad una narrazione e a procedimenti di racconto descrittivi, da cui emergono i personaggi con le loro
ragioni; una conduzione leggera, quasi pacificata, anche quando ci racconta delle ingiustizie, consapevole, come lo
sono tutte le favole a lieto fine che vengono raccontate ai bambini, che tutto sarà risolto e che si potra ricominciare.
Cosimo Santoro