Ki Lo Sa ?

di Robert Guédiguian, Francia, 1985, 35 mm.
con Gérard Meylan, Ariane Ascardie, Jean-Pierre Daroussin, Pierre Banderet

Terzo lungometraggio di Guédiguian, Ki Lo Sa? è la caduta di ogni speranza, l’ideologia che subisce uno scacco. La
morte di un qualunque valore, come la morte dei personaggi alla fine dei film.
Per tutta la durata del film, contro questa ineluttabilità si resta aggrappati. Ci si abbraccia, si fanno lunghe corse in
macchina, si (non) trascorre il tempo nell’illusione che ogni momento possa essere l’ultimo; ci si tuffa in acqua, si brinda, ci si lascia avvolgere dallo splendore della natura in estate.
Gitan è un vagabondo, Marie vende il suo corpo, Dada, custode di una villa semiabbandonata, viene sfrattato dai suoi padroni, Pierre scrive.
Prima di lasciare la villa, Dada ha l’occasione di invitarvi i suoi amici…
Ki Lo Sa? si interroga sul senso di un cambiamento radicale della società che straccia il preesisitente, un cambiamento a cui non tutti riescono ad adattarsi; è una fuga momentanea, l’ultima fuga, un senso di felicità tristemente trattenuto nelle parole lette (ma non scritte) da Pierre, per le quali non si può dire altro che “sublime”, quello che ci regala il film. E si tratta di un vero e proprio regalo.
All’innovazione che non ha più bisogno di loro, i quattro protagonisti rispondono con dei corpi pieni di vitalità, con dei
sorrisi che esprimono la libertà del pensiero e dello sguardo.
Stessa libertà di pensiero e di sguardo della macchina da presa, che si slega da schemi narrativi e viaggia su questa
felicità trattenuta, si fa espressione della comunicazione immediata, fisica; lo sguardo privilegia con meraviglia su
quest’ultimo momento di pace inscindibile dalla natura, e vi riflette poi con rabbia in un mondo che cambia, che ad altro
non può portare se non ad un’ulteriore, moltiplicato desiderio di esplorazione e di gioia immediata.
L’ultimo momento di libertà, l’ultimo sogno prima di essere completamente spacciati; il bisogno di un’anarchia, di dormire tutti assieme.
Prima di dormire poi per sempre grazie ad un misterioso caffé offerto da Dada, quei corpi abbandonati nel giardino ora
preda di bambini che li hanno osservati, fuori dal cancello, per tutta la durata del film; ora possono entrare e giocare con
quel che resta di loro, con la spensieratezza di altri stimoli.
E’ un bel film questo di Guédiguian, che resta per i primi piani, i sorrisi, le parole, le panoramiche, l’estate, la natura, e per
Marsiglia.

Cosimo Santoro

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