Kelibia/Mazara

di Tarek Ben Abdullah & Gianfranco Pannone, Italia, 1998, 35 mm.
con Fathy Heddaoui, Tarek Ben Abdullah

“Un’idea nata da lunghe discussioni notturne sulla provenienza…”
Il Mediterraneo separa Mazara da Kelibia, la Sicilia dal Capo di Bon, la ricchezza dalla povertà. Un motorista di
peschereccio deve tornare a casa, in Tunisia. Ha la possibilità di ricominciare a vivere nel posto che ha dovuto lasciare
emigrando in Sicilia, per di più può fare lo stesso lavoro. Il problema è che tornando in Tunisia guadagnerebbe di meno rispetto a quanto guadagna in Sicilia.
Kelibia/Mazara è una riflessione sull’ emigrazione, sulla discriminazione economica e sul mondo del lavoro. “Una cosa è essere italiani, una cosa è essere tunisini. La differenza non è nella pelle, ma nel lavoro retribuito”.
Il protagonista del corto è il mare, presenza continua, segno della distanza e della separazione che fa da scenografia al discorso tra i due protagonisti.
Nel tentativo di convinzione da parte di suo cugino (un fotografo; l’attore è lo stesso regista tunisino che è diplomato in
Direzione della Fotografia al C.S.C.), Il motorista di peschereccio è circondato dal mare; il dialogo tra i due avviene in una passeggiata nelle vicinanza del molo, che visivamente è resa da una serie di efficaci e neutrali carrellate laterali in cui il mare è sempre presente.
Naturalmente, il motorista tornerà a casa, costretto ad abbandonare quella possibilità in più per il suo futuro.
Kelibia/Mazara da importanza alle parole e si risolve in semplici movimenti di macchina, in inquadrature vuote (ancora
sul mare, sul molo) e in primi piani.
Partendo da un assunto minimo (quasi insignificante) allarga al discorso sull’appartenenza e sull’origine, e impone la riflessione, e soprattutto è scevro di moralismi. L’unica produzione italiana degna di nota tra lungo e cortometraggi nel concorso internazionale.

Cosimo Santoro

Potrebbero interessarti anche...