Existenz

di David Cronemberg
(Canada/Uk, 1998)

Ci risiamo:
l’ennesimo film che si ispira, e non solo, a “Neuromancer” di William Gibson.
Vi prego, vi scongiuro, leggete quel libro, sicuramente presente nelle librerie della vostra città, e capirete che da allora il cinema ha solamente copiato le idee e le intuizioni di quel genio che è Gibson.
Insieme ad altre opere che hanno dato vita al fenomeno “Cyberpunk”, dal “Neuromante” (in italiano) sono nati: “Il tagliaerbe”, “Jonny Mnemonic”, “Matrix”, “Strange Days”, etc…
Adesso anche Cronemberg, già vincitore nella sfida di girare un film da quella follia su carta che è “Naked Lunch” (il pasto nudo), ci casca, e male.
Tutto il film parla di una cosa sola: questo c… di gioco che si chiama eXistenZ.
Pensate l’ideona: gente che si mette un cavo (di mortadella) nella schiena ed entra in una realtà virtuale, un mondo ricostruito alla perfezione!
Per l’intera pellicola non c’è una scena dove uno dei personaggi non ribadisca quasto concetto: ma è un gioco, o è la realtà?
Oliver Stone, spaventato dalla troppa violenza, ci ha lasciato “Natural born killer”, dove la mal celata voglia di sentenziare contro rovina lo spunto ironico che Tarantino voleva (infatti tolse la firma dalla sua sceneggiatura).
Wenders era invece preoccupato dalla privacy in uno dei suoi peggiori ultimi film.
Cronemberg appare estremamente spaventato dagli effetti delle nuove tecnologie, dimenticando (stranamente) che l’ossessione va dosata, molto delicatamente.

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